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RE-LOUDDSTORIE DI ROCK
02/09/2024
John Fogerty
Deja Vu All Over Again
Se esiste una certezza nella carriera di John Fogerty è l’imprevedibilità. La sua attività solista è infatti andata avanti a scatti, con poche opere pubblicate senza intervalli regolari nell’arco di decenni. Giunge ora il momento di rivalutare un suo lavoro ritenuto minore, “Deja Vu All Over Again”, quanto mai attuale per liriche e sonorità.

«John è stato il padre della camicia di flanella! E come autore di canzoni solo pochi hanno fatto tanto in tre minuti. Ha creato un mondo di ricordi d'infanzia e di uomini e donne con le spalle al muro. Un paesaggio di paludi, fiumi infiniti, donne gitane, portici sul retro, cani indemoniati che inseguono fantasmi, diavoli e luna cattiva che sorge, direttamente dalla tradizione blues. L'ha trasformato in una visione tutta sua».

Estratto del discorso di Bruce Springsteen per l’induzione dei Creedence Clearwater Revival nella Rock & Roll Hall of Fame, 1993.

 

John Fogerty, raffinato songwriter e in passato chitarrista, leader e anima dei Creedence Clearwater Revival, è un’istituzione del rock. Grande autore, eroe popolare, performer formidabile, Fogerty incarna il ruolo sacro di musicista influente per generazioni e generazioni di fan. La sua forte personalità caratterizza ogni opera composta e si sente, si avverte profondamente anche nelle più bistrattate pubblicazioni da solista.

John Fogerty, come l’amico collega Robbie Robertson nel post-The Band, si è sempre impegnato, dopo lo scioglimento dei Creedence Clearwater Revival, nel superare i confini musicali e nell’estendere la sua eredità per affascinare una nuova generazione di ascoltatori. Dall’omonimo, bellissimo John Fogerty (1975), con la perla dell’evergreen “Rockin’ All Over the World”, all’azzeccato Centerfield (1985) non è mai mancata l’ispirazione.

Forse solo il successivo Eye of the Zombie ha deluso le aspettative, ma, dopo un’attesa di undici anni, Blue Moon Swamp (1997) ha rimesso le cose a posto, prima del notevole live Premonition. Giungiamo così a vele spiegate a Deja Vu All Over Again, visto da buona parte della critica (anche italiana) come un passo falso, tuttavia ricco di spunti e buone canzoni.

 

It's like Deja Vu all over again

Day by day I hear the voices rising

Started with a whisper like it did before

Day by day we count the dead and dying

Ship the bodies home while the networks all keep score

 

Si incomincia proprio con la title song, uno sforzo davvero efficace nel tracciare paralleli tra il Vietnam e la guerra in Iraq. Un grido di dolore ancora attuale purtroppo, a dimostrazione dell’incapacità dell’uomo di imparare dalla storia.

La tracklist prosegue con il rock and roll vecchio stile di “Sugar-Sugar (In My Life)”, poi le sonorità si fanno più dure con “She’s Got Baggage”, prima del riuscito esperimento di “Radar”, motivo coltivato e coccolato in una strana atmosfera disco-new wave. C’è tempo pure per il rockabilly rivisitato di “Honey Do” e “Rhubarb Pie” e per un dolce brano acustico dalle tinte country, “I Will Walk With You”, arricchito dal dobro dal Maestro di tale strumento, l’illustre Jerry Douglas.

Una delle vette di Deja Vu All Over Again è sicuramente “Nobody’s Here Anymore”, con il prezioso contributo di Mark Knopfler, anche se, in verità, il “Sultano dello Swing” si appropria fin troppo di ritmica e melodia, lasciando comunque un piacevole profumo di Dire Straits.

Il finale è di altissimo livello, grazie allo swamp rock di “Wicked Old Witch” e alla potenza della canzone top della raccolta, la tonitruante “In the Garden”, una jam in tonalità minore resa perfetta dai controcanti di Fogerty e dalla batteria del geniale Kenny Aronoff.

 

La bellezza del disco si racchiude proprio nella sua mancanza di unitarietà: l’imprevedibilità della carriera solista dell’ex CCR viene espressa non solo nelle pubblicazioni a scatti delle sue opere, ma pure in questa scaletta variegata. Ora, a vent’anni dalla sua realizzazione, Deja Vu All Over Again merita di venire collocato tra i lavori da ricordare dell’artista californiano, il quale, da ormai molto tempo (l’ottimo Revival è del 2007) non produce album inediti. Chissà che in futuro non ci regali nuovamente qualche sorpresa, come sorprendenti rimangono tuttora i suoi show live, con cui ha recentemente toccato anche l’Italia. Un uomo senza compromessi, sempre fiero di esplicitare il suo punto di vista andando controcorrente.

«Ci sono cose che non mi piacciono negli States. La mia America è il Grand Canyon, le Cascate del Niagara, il Montana, Elvis e il Blues».