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REVIEWSLE RECENSIONI
17/06/2022
Spiral Skies
Death Is But A Door
Il secondo album degli svedesi Spiral Skies è un disco per nostalgici, che mescola hard rock, doom e psichedelia anni '70 con qualche incursione nel metal di ottantiana memoria.

A distanza di quattro anni dall’ottimo esordio Blues For A Dying Planet, tornano gli svedesi Spiral Skies, con un disco che, pur ricalcando le sonorità contenute nel primo lavoro, ne accentua decisamente gli spigoli più hard. Se la base portante del suono della band è la psichedelia degli anni ’70, declinata sul confine che separa rock e folk, Death Is But A Door mescola maggiormente le carte, inserendo elementi hard rock, metal (con riferimento alla NWOBHM) e doom.

L'album si apre con "The Endless Sea", che inizia con un arpeggio sognante e la calda voce di Frida Eurenius (il cui timbro è una via di mezzo fra quello di Grace Slicks e quello di Annie Haslam dei Renaissance) e che poi si sviluppa su riff di chitarra elettrica granitici e una massiccia sessione ritmica. Arricchito dai cambi di tempo, il brano mescola sonorità anni '70 con il tocco personale della band, esaltando il talento della cantante e mettendo in evidenza la capacità degli Spiral Skies di creare atmosfere coinvolgenti con passaggi stilistici raffinati.

Riff di chitarra fuzzy aprono “While the Devil Is Asleep”, un brano caratterizzato da continui cambi di tempo, che apre nuovamente una finestra temporale sui primi anni '70. Qui, le parti più delicate si intrecciano con quelle più dure, e la voce della Eurenius e la chitarra offrono un buon inserto solistico nell’incedere strumentale. "Into the Night" inizia con una batteria galoppante e una linea di basso accelerata, mentre i ruvidi riff di chitarra evocano l'energia del Metal anni '80 con un tiro energico e coinvolgente.

La traccia più breve dell'album, "Somewhere in the Dark", possiede un approccio più moderno, con ritornelli corali coinvolgenti e un buon piglio melodico, mentre "Heart of Darkness" presenta riff di chitarra ispirati al doom, e un mood più oscuro, che ricorda i maestri del genere dei primi anni '70 (ogni riferimento ai Black Sabbath è puramente casuale). Un brano molto intenso, che esalta le doti vocali della Eurenius e si sviluppa attraverso riff pesanti e coinvolgenti, mentre il ritmo, in continuo mutamento, è caratterizzato da improvvise accelerazioni che aumentano l'intensità del brano.

Se “Nattmaran” prosegue su una cupa scia doom con accenti fortemente psichedelici, "Time" si apre, invece, con un morbidissimo arpeggio di chitarra, parte lenta, avviluppata nel cantato pieno di pathos di Frida e poi cresce d’intensità in una seconda parte più acida, in cui sono ancora i cambi tempo a farla da padrone. “Mirage” mescola psichedelia e rock, evocando gli anni ’60 e un vago clima far-west, mentre la conclusiva “Mirror Of Illusion”, con il suo incedere epico e bluesy riporta ai giorni nostri atmosfere rock anni ’70, con ottime trame di chitarra e la consueta voce calda ed espressiva.

Death Is But A Door è chiaramente un disco per nostalgici, completamente immerso in atmosfere antiche e citazioni continue, che suscitano spesso la sensazione del deja vù. La mancanza di originalità è comunque compensata dalla capacità della band di gestire ogni singolo brano con abili cambi tempo e un apprezzabile lavoro sulle chitarre elettriche, esaltati dalla straordinaria voce della Eurenius, che è l’elemento distintivo di un suono prevedibile ma plasmato con sapienza e passione.