Siamo ormai nella seconda fase dell’ondata di Post Punk e affini che ha invaso la scena musicale ormai da cinque-sei anni, e si comincia ad avvertire una certa stanchezza, in qualche modo del tutto comprensibile. Il lato positivo è che, se non altro, questo è un genere che da sempre ha incorporato molteplici influenze e soluzioni, così che il ritrovarsi con un esercito inutile di cloni risulta più difficile che in altri casi.
I Deadletter, che provengono dallo Yorkshire ma si sono presto trasferiti a South London (sede pressoché obbligata per ogni collettivo musicale che intenda portare avanti un progetto serio) potrebbero ambire a recitare un ruolo significativo nel prossimo futuro: Hysterical Strength, il disco d’esordio uscito a settembre, ha confermato quanto di buono fatto intravedere nel precedente EP Heat!, nonché nella manciata di singoli pubblicati a partire dal 2020.
Un cammino lungo, quello di Zac Lawrence e compagni, caratterizzato tuttavia da una lucida visione dei propri obiettivi, nonché da una capacità di scrivere canzoni senza dubbio superiore a quella di molti loro colleghi.
Questa sera sono all’Arci Bellezza, per la seconda di due date italiane (la prima è stata al Covo di Bologna), ma nel nostro paese ci erano già venuti a luglio e lo scorso anno, dove avevano riscosso notevoli consensi e guadagnato la fama di live act eccezionale. Dev’esserci stato un bel passaparola, nel frattempo, perché il locale risulta bello gremito, anche se, come ormai normale in questo tipo di proposta, giovani e giovanissimi risultano non pervenuti o quasi.
In apertura ci sono le Genn, che avevo già visto a giugno a Vaglio Serra, in apertura ai Tropical Fuck Storm. Nella dimensione indoor di un piccolo club risultano senz’altro più convincenti, con Leona Farrugia che si conferma frontman carismatica, oltre che cantante dotatissima, e la sezione ritmica di Leanne Zammit (basso) e Sofia Rosa Cooper (batteria) che lavora incessantemente nella creazione di soluzioni non scontate. Janelle Borg alla chitarra spazia tra le suggestioni Wave delle Warpaint e richiami alla musica mediterranea (dopo tutto tre componenti su quattro provengono da Malta, anche se il gruppo ha da tempo base a Brighton), e in generale la prova offerta è davvero piacevole. Quello che manca, ed è ovviamente lo stesso problema riscontrato a giugno, sono le canzoni: i brani di Unum sono interessanti ma a tratti poco a fuoco e non c’è mai quel guizzo che fa capire di essere davanti a qualcosa di speciale. Le potenzialità comunque ci sono, può darsi che col prossimo disco sapranno crescere e migliorarsi.
I Deadletter prendono possesso del palco subito dopo e quando attaccano con “Credit to Treason” fanno subito capire che non scherzano. Essendo in sei, sul piccolo stage stanno un po’ stretti, risultando alquanto limitati nei movimenti: ne viene probabilmente inficiata la resa visiva, ma non è qualcosa di cui ci si possa troppo lamentare, perché per il resto il gruppo è una bomba. Tiro pazzesco, precisione esecutiva invidiabile, un frontman come Zac Lawrence, non eccessivamente scatenato ma comunque ben calato nel ruolo; un sassofonista, Poppy Richter, che costituisce il vero centro propulsore e melodico della proposta del gruppo.
Il segreto del loro successo, a mio parere, sta proprio in questa sorta di crossover tra le suggestioni danzerecce dei Talking Heads (privi però degli elementi Funk e Afro Beat) ed il chitarrismo obliquo di scuola Fall; una formula che, per carità, non risulta per niente nuova (l’abbiamo vista adottata, su tutti, dagli Yard Act del primo disco) ma che il sestetto londinese mette in pratica con notevole lucidità e brillantezza.
Il pubblico, dal canto suo, ci mette poco a farsi conquistare, e nel giro di un paio di brani l’atmosfera è già incandescente, balli e pogo inclusi.
La scaletta è corposa: offre l’intero Hysterical Strength, più gli episodi migliori del passato, tra cui le irresistibili “Madge’s Declaration” e “Binge”, nonché “Degenerate Inanimate”, che a giudicare dalla reazione dei presenti, sembra già divenuta un vero e proprio classico. Tra i brani del disco, invece, funzionano benissimo soprattutto “Mere Mortal”, “Deus ex Machina”, “Hero” e “It Flies”, che chiude il concerto in un’atmosfera di frenesia collettiva.
Ottimo concerto, per una band che ha senza dubbio ancora molti margini di crescita, ma che pare avere le potenzialità per una carriera all’insegna di numeri importanti.