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REVIEWSLE RECENSIONI
29/09/2022
The Halo Effect
Days Of The Lost
L'esordio degli Halo Effect, supergruppo composto da ex membri degli In Flames, è una riuscita fotografia di death metal melodico, tra modernità e qualche richiamo al passato.

A proposito degli svedesi Halo Effect si potrebbe tranquillamente usare la definizione di supergruppo, ma forse sarebbe più corretto parlare di “rimpatriata fra vecchi amici”, visto che i componenti della band hanno tutti fatto parte dei leggendari In Flames: Niclas Engelin (chitarra), Peter Iwers (basso), Mikael Stanne (voce), Jesper Stromblad (chitarra) e Daniel Svensson (batteria).

Sembra un parto della fantasia, o il copione di un film, ma la genesi del quintetto è assolutamente reale. Una grande band cresce, si evolve, si dissocia gradualmente dalle proprie radici, mentre svariati musicisti vanno e vengono, come in un porto di mare. Cinque di questi, collegati tra loro da una storia condivisa all'interno della scena di Göteborg, sfruttano al meglio il tempo sospeso della pandemia e decidono di registrare un album che celebri la passione comune per il death metal melodico. In tal senso, Days Of The Lost funziona magnificamente, grazie a una band che dà vita a una solida interpretazione della specialità della casa, e sebbene non sia esattamente un ritorno alle origini selvagge del genere, il disco sfodera un nobile pedigree di melodeath nella sua accezione migliore. Nessun copia in colla, ma una robusta corda tesa fra passato e presente.

La variante di Goteborg del death metal melodico spesso cavalca il confine tra accessibilità e aggressività, e i The Halo Effect esemplificano questo equilibrio già nell’uno-due il duo di apertura, "Shadowminds" e "Days Of The Lost", che esibisce, da un lato, il cantato growl di Mikael Stanne, dall’altro, i riff e gli assoli melodici dell’accoppiata Niclas Engelin e Jesper Strömblad. Quando quest'ultimo ruba la scena con tirate in stile NWOBHM e la doppia cassa di Daniel Svensson picchia duro, si percepisce l’esatta misura della consapevolezza compositiva della band. Con Days Of The Lost, Stanne e soci hanno preso la saggia decisione di giocare secondo i loro attuali punti di forza piuttosto che resuscitare un suono che probabilmente non sentono più completamente loro. E questa è senz’altro un’arma vincente.

La struttura "The Needless End" racchiude un immediato richiamo al thrash di scuola svedese, attraverso cui la band passa, senza soluzione di continuità, dal galoppo trionfante alla velocità del martello pneumatico, senza mai perdere d’occhio, però, l’impianto melodico.

Quando serve, poi, i cinque svedesoni sanno ancora colpire molto duramente, come nell’assalto all’arma bianca di "Feel What I Believe", un turbinio di cambi tempo che rievoca i veementi anni d’oro del genere. Il lavoro per chitarra rimane straordinariamente coerente e ben amalgamato alla sezione ritmica, i riff si distinguono per la capacità di essere al contempo melodici e dinamici, e gli assoli, veloci o epici, sono sempre calibrati ed essenziali.

Alla fine, arriva anche la voce pulita in un paio di episodi, "In Broken Trust" e "A Truth Worth Lying For", ma Mikael Stanne adotta un inusitato registro cupo e più basso, che conferisce ai brani una maggiore profondità emotiva. "In Last Of Our Kind", poi, compaiono addirittura violoncelli e violini, per aprire, in modo incredibilmente naturale, una delle tracce più potenti dell’album, con la sezione ritmica propulsiva al massimo che spinge un groove nodoso e epico al contempo, scartavetrato dalla voce gutturale di Stanne.  

E questi sono solo alcuni dei momenti migliori di un disco accattivante dalla prima all’ultima traccia, che vive di luce propria senza bisogno di scomodare paragoni ingombranti con il passato. In tal senso, gli Halo Effect, non giocano a fare il supergruppo, e il contenuto in scaletta è vivido e vibrante come lo può essere quello partorito da una band rodata da tempo, che evita di riprodurre stilemi frusti, non gioca a replicare gli In Flames, ma reinterpreta un genere insufflandolo di nuova energia, passione, e il mestiere di veterani che, tuttavia, non hanno ancora perso la voglia di divertirsi.