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REVIEWSLE RECENSIONI
17/01/2022
The Weeknd
Dawn FM
Con “Dawn FM” The Weeknd non solo riesce a ripetere il miracolo di “After Hours”, ma addirittura si supera, realizzando il disco più riuscito della sua carriera.

Bisogna dire la verità, nonostante il promettente successo di “Earn It” (un Grammy vinto e una nomination all’Oscar) e “Can’t Feel My Face”, non molti ritenevano The Weeknd in grado di diventare una popstar da Serie A. Sette anni e decine di singoli dopo, si sono dovuti ricredere. Per capire che autore e performer sopraffino sia il cantante canadese, basta scorrere la tracklist della raccolta The Highlights e poi vedere su YouTube la sua esibizione all’ultimo Super Bowl. Il livello è altissimo.

Baciato da un talento precocissimo, Abel Tesfaye ha sempre avuto una visione musicale ben precisa, plasmata pazientemente album dopo album. In seguito al boom di Beauty Behind the Masses, arrivato dopo un mixtape di culto come House of Balloons e tanta gavetta, The Weeknd ha ampliato il suo registro musicale con il successivo Starboy, sperimentando con i generi, campionando i Tears for Fears e collaborando con i Daft Punk. Ma è con After Hours che ogni pezzo è andato finalmente al suo posto, permettendogli di diventare la popstar che ha sempre desiderato essere. Pubblicato nel bel mezzo di una pandemia globale – e colpevolmente snobbato dalla Recording Academy –, After Hours ha visto Abel da un lato consolidare il suo legame con il re Mida del pop Max Martin (“Blinding Lights” è stato senza dubbio il pezzo del 2020) e dall’altro, grazie a collaboratori vecchi e nuovi (Illangelo e Daniel Lopatin, aka Oneohtrix Point Never), reinventarsi, inserendo nel proprio sound influenze dream pop e new wave. Il risultato è un disco ambizioso e con pochi eguali nel panorama pop contemporaneo, dove hit da classifica e musica elettronica sperimentale convivono perfettamente.

Con queste premesse, è difficile anche solo pensare di riuscire a mantenere uno standard così elevato. Con Dawn FM, però, The Weeknd non solo riesce a ripetere il miracolo, ma addirittura si supera, realizzando il disco più riuscito della sua carriera. Pubblicato con pochissimo preavviso e in un periodo dell’anno tradizionalmente infelice, Dawn FM vede Tesfaye abbandonare le atmosfere new wave e dream pop anni Ottanta del precedente After Hours per rivisitare il synth pop, la disco music e il funk dello stesso periodo, ibridandoli con la dark wave, la synth wave e – perché no – anche con un pizzico di psichedelia. Affiancato ancora una volta dalla “strana coppia” Max Martin e Daniel Leopatin, in Dawn FM The Weeknd affonda con coraggio il piede sull’acceleratore, portando agli estremi la componente pop (vedi la hit “Take My Breath” e le collaborazioni con Calvin Harris in “I’ve Heard You’re Married” e Swedish House Mafia in “Sacrifice”), ma allo stesso tempo rendendo le basi ancora più oscure, complesse e sperimentali.

Arricchito dagli interventi del produttore Quincy Jones (“A Tale by Quincy”) e del regista Josh Safdie (“Every Angel Is Terrifying”) e intervallato dai monologhi del dj interpretato dall’attore Jim Carrey (e con qualche occasionale jingle), Dawn FM va inteso come fossero cinquanta minuti di una fittizia stazione radiofonica che trasmette solo musica adult contemporary. Un’idea non molto diversa, a dire il vero, dal concept che sta alla base di Magic Oneohtrix Point Never di Leopatin (con The Weeknd produttore esecutivo), con la differenza che in quel caso l’emittente era specializzata in musica psichedelica mentre qui l’ascoltatore deve immaginarsi intento ad attraversare un tunnel a bordo della propria auto. Ed ecco quindi che dell’immaginaria programmazione di 103.5 Dawn FM fanno parte il quasi krautrock di “Gasoline”, la dance di “How Do I Make You Love Me”, l’alternative r&b di “Is There Somone Else?” e “Starry Eyes”, ma anche il downtempo di “Out of Time” (parente strettissima di “Something About Us” dei Daft Punk) e l’electropop di “Best Friends”.

Dopo l’austerità di After Hours, che non aveva featuring, Dawn FM è invece pieno di ospiti, come Lil Wayne, che in “I’ve Heard You’re Married” incrocia nuovamente il microfono con Tesfaye nove anni dopo “I’m Good”, e Tyler, the Creator, che duetta con The Weeknd nella riuscita ballad “Here We Go… Again”, in cui il veterano Bruce Johnston dei Beach Boys, assieme al figlio del suo socio Mike Love, Christian, ha realizzato le celestiali armonie vocali.

Prima di condurre l’ascoltatore a «salire a le stelle» con il monologo finale “Phantom Regret by Jim”, un intenso spoken word di Jim Carrey graziato da una meravigliosa base synth wave à la Tron, con atmosfere tra Wendy Carlos e Daft Punk (ancora loro!), The Weekend chiude il disco con una nota di speranza. È l’up tempo “Less than Zero”, un pezzo che ibrida il retro rock degli War on Drugs con il synth pop di “Save Your Tears” e che nel titolo cita l’omonimo romanzo di Bret Easton Ellis (a sua volta in debito con Elvis Costello). Termina qui la seconda parte di un percorso di crescita musicale e personale, iniziato con l’inferno di After Hours e proseguito con il purgatorio di Dawn FM. E ora che The Weeknd ha raggiunto finalmente la maturità e la consapevolezza artistica, lasciandosi tutto alle spalle, è pronto per il paradiso: il suo prossimo disco.