Trovare la giusta miscela musicale che includa il più possibile le diverse tendenze del nostro animo non è mai facile. Se si ama il fascino delle atmosfere oscure e inquiete, ma al tempo stesso si morirebbe per un bel riff rock o punk di quelli lanciati a tutta potenza, e si venderebbe un pezzo di anima per ballare sotto una pioggia di sintetizzatori elettronici pronti ad infuocare le casse, non sempre trovare l’album perfetto è una missione semplice. Questa volta (e in questo ambito non è né la prima né l’ultima volta che accade) la soluzione viene da terre tedesche, perché questi quattro ragazzi di Monaco hanno confezionato un album nuovo di zecca, pronto ad impegnarvi le orecchie e farvi muovere i piedi.
I Blackout Problems, nonostante solo nell’ultimo mese abbiano spopolato tra singoli e video di alto livello, non sono certo nati ieri. Formatisi nel 2012, hanno già all’attivo un paio di buoni EP e due ottimi album (Holy, 2016 e Kaos, 2018), oltre che diversi tour in cui non hanno faticato a riempire i palazzetti di mezza Europa, in particolare grazie a Kaos.
Da quasi dieci anni sono principalmente un gruppo di amici, che amano fare musica sopra ogni altra cosa e vorrebbero solo continuare a viverne, motivo per cui con il nuovo Dark hanno tentato il grande salto, appoggiandosi per la prima volta ad una major.
Anno dopo anno la band ha evoluto e affinato il suo sound, passando dall’essere prettamente alternative rock, molto più diretta, malinconica e analogica, ad includere sempre più delle sperimentazioni elettroniche, cupe, vibranti e digitali. Con Dark, infatti, l’evoluzione procede mediante sintesi e accrescimento: a tutto il background rock si aggiungono e vengono fusi insieme più sintetizzatori, i quali però vengono tinteggiati con sfumature più oscure e iniettati di una carica di bpm decisamente più alta.
Il risultato? Se prima si ascoltavano i Blackout Problems per cantare qualche bella canzone e muoversi a tempo, ora si ascoltano per cantare qualche bella canzone, inneggiare a ritmo dei cori e ballare come se non ci fosse un domani. Incredibilmente più aggressivi (emotivamente e musicalmente) e maledettamente più orecchiabili.
Ma quindi sono solo quattro bei ragazzi con un ottimo talento per composizione e produzione? Nient’affatto, abbiamo anche la sostanza. Quelli che troviamo in Dark, infatti, non sono solo dei bei testi, ma anche il tentativo di comunicare dei messaggi sociali e valoriali a chi li ascolta. Attivismo politico e critica sociale e ambientale non sono nascosti dietro oscure metafore, ma vengono proposti all’ascoltatore senza mezzi termini. Basti pensare all’opener “Murderer”, in cui il dolore che la band ha provato venendo a conoscenza dell’ennesimo crimine effettuato per ragioni politiche (l’assassinio del politico tedesco Walter Lübcke per mano di un estremista di destra) si fonde con la rabbia provata in questi anni per la rinascita delle forze di destra e il trionfo mondiale del populismo.
Le prime parole che troviamo in apertura alla canzone e all’album, però, per l’appunto, non approcciano all’argomento con sobria diplomazia: «I venerdì sono per gli assassini, tira fuori il tuo fucile, porta i tuoi sogni in strada adesso. Il miglior politico è quello morto». E solo verso la fine della traccia sentiamo che tutto l’elenco di dichiarazioni di questo tenore termina in realtà con un “io non sono d’accordo” e un appello che diventa inno e coro: “rispetto e amore per tutti”. Non esattamente il tipo di contenuti che vi eravate immaginati per una band di ragazzi capace di farvi ballare come pazzi, vero?
Inoltre, sgomberiamo subito il campo anche da un’altra facile accusa: se il fatto che una canzone come “Lady Earth” sia palesemente dedicata e ispirata alle lotte riguardo il cambiamento climatico di Greta Thunberg vi sembra una scelta modaiola, vi ricordo che ancora nel 2016, quando di certo non era un argomento di punta, la band aveva già fatto includere una sua canzone (“Poli’s Song”) in una delle compilation promosse da Sea Sheperd, nota organizzazione di attivisti per la salvaguardia della fauna ittica e degli ambienti marini.
Dopo ormai più di un mese di promozione, i Blackout Problems hanno già estratto da Dark un notevole numero di singoli, accompagnati da altrettanti video (uno più interessante, oscuro, aggressivo ed elegante dell’altro), i quali sono tutti - inequivocabilmente - i pezzi più riusciti del disco. Nonostante questa mossa da all-in, qualche ottima chicca inedita però rimane, quindi andate ad assaggiarvi anche l’album, perché nel suo complesso potrebbe rivelarsi un’ottima compagnia, sia per il breve che per il lungo periodo. Da ascoltare solo e unicamente ad alto volume.
Sarà la vostra nuova scoperta, vi resterà indifferente o lo amerete alla follia? Per qualche giorno o per tutti i mesi a venire? A voi l’ultima parola. Io so solo che ora, indipendentemente da tutto, non appena torneranno i live avrò già un biglietto per il loro concerto in mano, e nel frattempo continuo a cantare con le braccia che si alzano al cielo senza che me ne accorga, ballando da sola in giro per casa come se fossi nel club più bello di Monaco.