Customizzato, interfacciare, valore aggiunto, policy, commitment, core business, assett, monitorare...
Sono esempi di parole usate a sproposito o come sinonimi di un termine che non è stato ancora usato e mai sarà usato.
Diversi – me compreso – anni fa pensavano fosse necessario difendere la forma verbale del congiuntivo; così facendo, l’Italiano sarebbe stato salvo. Illusi!
Ben peggiori eventi erano prossimi: l’attacco a qualsiasi sostantivo è più profondo.
Pensate a “policy”: intendo dire politica o procedura? Non è esattamente la stessa cosa.
La nostra lingua è diventata quella dell’informatico (costretto a usare cosi spesso l’Inglese da dimenticarsi l’Italiano), senza che nessuno ce lo abbia imposto.
Si badi che anche professionisti con un buon vocabolario semplicemente trascurano i sostantivi madrelingua e, come ho già scritto altrove, talvolta si fanno utenti di neologismi macabri (al solito cito “scannerizzare” oltre al precitato “customizzato”) mentre poi legano quei mostri con un corretto uso di congiunzioni, avverbi, etc.
Purtroppo, poi capita che altre parole vengano distorte: il sostantivo “aura” diventa “aurea”, per esempio.
È l’atrofizzazione progressiva: sempre meno persone verificano se quello che dicono o scrivono è corretto.
Il fenomeno è, lo sottolineo, più grave del parlato per “luogo comune” e/o “fuggitivo da responsabilità” in quanto colpisce verticalmente[1] tutti, ricchi e poveri (i secondi magari imitano i primi), accademici e pratici, giovani e vecchi.
Un rimedio? Compratevi un buon dizionario dei sinonimi e dei contrari, ma poi usatelo (e usate anche il vocabolario che deve stargli a fianco).
E un consiglio: se la parola straniera che voi usate faticate a tradurla, per favore non usatela.
[1] Qualcuno sperava forse che cadessi irretito da un bel “trasversalmente”?