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REVIEWSLE RECENSIONI
14/03/2023
Inhaler
Cuts & Bruises
Giunta al secondo album in studio, la band di Elijah Hewson non riesce a fare quel salto di qualità che ci aspettavamo, riproponendo un prevedibile indie rock fortemente influenzato da sonorità anni '80.

E’ quasi inevitabile che il nome degli Inhaler, finchè camperanno artisticamente, sarà citato in qualsiasi articolo a fianco di quello degli U2. Una sorta di dannazione per la band capitanata da Elijah Hewson, che tutti sappiamo essere il figlio di Bono Vox, perché per quanto il gruppo si sia creato un’identità formale ben precisa, la sostanza non cambia: se, infatti, non si può certo parlare di nepotismo, da un punto di vista musicale gli Inhaler, pescano, e nemmeno poco, da quel suono anni ’80 che papà Bono ha contribuito a forgiare. Non aiuta, poi, ma questo forse è un dato genetico non modificabile, che Elijah abbia più o meno il timbro vocale di cotanto padre, circostanza, questa, che rafforza la frequenza degli inevitabili paragoni con i celeberrimi U2.

Fatta la dovuta premessa, bisogna però dare a Cesare quel che è di Cesare, e sottolineare anche ciò che di positivo la band del giovane Hewson è riuscita a dimostrare. Perché, in fin dei conti, una spintarella paterna aiuta, ma se non c’è un briciolo di talento, al secondo disco, inutile girarci intorno, non si arriva.

Pur con tutti i limiti poc’anzi citati, l’album d’esordio degli Inhaler, It Won't Always Be Like This (2021), mostrava un quartetto affiatato, che cercava di superare con giovanile entusiasmo l’inesperienza di fondo, senza tuttavia riuscire ad affrancarsi da quelle riconoscibili influenze.

Cuts & Bruises, pur dimostrando un’evidente crescita sotto il profilo della consapevolezza, mantiene vivo il legame con un rock influenzato dagli anni '80, come si appare evidente nella ritmata e scintillante "Love Will Get You There", nelle atmosfere di "Just to Keep You Satisfied" o nei riverberi di "Dublin In Ecstasy".

Se l’approccio moderno è dato da un taglio decisamente indie, questo pop rock paga, però, un tributo altissimo a band come Simple Minds, Echo and the Bunnymen, Cure e, ovviamente, anche ai primi U2, richiamati in modo quasi esplicito nell’iniziale, e già citata, "Just To Kee You Satisfied", o nel vivace ritornello di "These Are the Days".

Altrove, il quartetto produce uno sforzo ammirevole per staccarsi dai propri riferimenti artistici, e ciò avviene in episodi discreti come nelle atmosfere vagamente soul di "If You're Gonna Break My Heart" o nel riuscito arrangiamento d’archi che ammorbidisce la cupa linea di basso di "The Things I Do" con sicurezza e brio.

Hewson, poi, canta bene, bisogna dargliene atto, il suono delle chitarre, che è la cosa che ha maggiormente impressionato il sottoscritto, è fantastico, e la seconda parte dell’album cresce, rispetto alla prima, con un filotto di canzoni che, se non proprio memorabili, sanciscono un ipotetico sorpasso di Elijah al proprio padre, che di canzoni decenti non ne scrive più da un’eternità.

Cuts & Bruises non è certo un brutto disco, ma, in definitiva, non sposta l’ago della bilancia e si ferma a metà del guado, proprio su quella sottile linea di confine che separa i più abusati clichè indie rock da alcune idee che potrebbero proiettare la band verso un suono più originale e identificativo. Al momento è un vorrei ma non posso, ma le cose buone intraviste potrebbero portare, in futuro, a un terzo episodio più convincente.