Quando si pensa alle cult band più sgangherate, surreali e irriverenti nell’America del Grunge e del Post Hardcore è inevitabile non accennare ai Cows di Minneapolis. Una carriera passata remando contro facendosi beffe dell’industria musicale: l’insuccesso commerciale, all’insegna del politicamente scorretto e del divertimento fine a se stesso, visto come un vanto di cui fregiarsi. Una scelta di campo, seppure ostentata (come nel Punk radicale), decisamente coraggiosa se si considera che siamo negli anni in cui Nirvana, Pearl Jam e Soundgarden vendevano milioni di dischi e le etichette discografiche, major comprese, mettevano sotto contratto chiunque facesse del terrorismo sonico la propria bandiera. Perfino i Cows, quindi, avrebbero potuto partecipare al banchetto, ma fecero di tutto perché questo non accadesse, riproponendo beffardamente nei loro live-act tutti gli stereotipi del Punk: cibo gettato sul pubblico, sputi, tuffi dal palco, tatuaggi improponibili, etc. Davvero troppo anche per il più disinibito e complice dei talent scout. Questo determinò una vicenda artistica totalmente vissuta nell’underground, dischi via via sempre più introvabili e culto crescente tra le frange di appassionati del Rock più insolito e irregolare.
Cunning Stunts, uscì nel 1992 per la Amphetamine Reptile e rappresentò una svolta importante nella carriera della band, dal rumorismo iconoclasta dei lavori precedenti, passarono a forme musicali più articolate immettendo nel loro sound Blues, Free Jazz e Pop, facendo proprio lo stile di musicisti del passato quali Captain Beefheart e James White e, band a loro contemporanee, come i texani Butthole Surfers. La copertina è un bel manifesto programmatico: alla grafica in stile Blue Note uniscono, in primissimo piano, l’immagine di un bicchiere con dentro una protesi dentaria. Il logo perfetto dell’estetica paracula Cows, rifermenti altissimi e impertinenze tardo adolescenziali. Come quei liceali con la media dell’otto ottenuta però stando seduti sempre e comunque all’ultimo banco da cui possono irridere il professore di turno.
Uno schiaffo e il pianto di un bambino introducono Heave Ho il primo brano in scaletta. Subito veniamo investiti da contaminazioni schizofreniche, reiterati cambi di ritmo, una tromba che suona come un kazoo impazzito, i vocalizzi dilaganti di Shannon Selberg, le aperture Rockabilly della chitarra di Thor Eisentager e la ritmica precisa e incessante di Kevin Rutmanis al basso e Norm Rogers alla batteria. Tutto torna utile per edificare il loro personalissimo muro del suono eretto al solo scopo di poterlo demolire alla prima occasione. Un vero e proprio assalto sonoro a tutte le convenzioni del Punk/Rock dell’epoca che continuerà per tutta la durata del disco. Sono bravi i Cows, ne sono pienamente consapevoli, non una sfumatura nel loro progetto musicale in cui all’anarchia formale si unisce una grande perizia tecnica strumentale. Norm Rogers suonerà in seguito con i Jayhawks e Kevin Rutmains nei Melvins. Come asserì un critico musicale dopo aver assisto a un loro concerto: “E’ indubbio che i Cows sappiano suonare i loro strumenti, quello che non capisco è perché non li accordino!”. Solo in alcuni episodi fanno intravvedere le loro potenzialità anche, e perché no, commerciali come in Contamination, Two Little Pigs e Down Below, tutti brani che avrebbero potuto spopolare facilmente, se solo avessero voluto, sui media dell’epoca. Cunning Stunts è dunque un lavoro alieno, irresistibile e irrepetibile, tassello decisivo nella discografia dei Cows e importante per comprendere al meglio l’Alt/Rock americano degli anni ’90.