Poteva apparire strano che Jackson Phillips, uno che scrive in continuazione, al punto da avere un archivio di canzoni inedite da cui attingere sempre a disposizione, lasciasse passare così tanto tempo senza pubblicare nuova musica.
Ma questi ultimi anni sono stati comunque impegnativi, dato che lo hanno visto collaborare prima con Jai Wolf (un featuring in “Your Way”, contenuta nell'ultimo disco del producer newyorchese) e poi con Pete Yorn (ha co-prodotto il suo ultimo “Caretakers”, uscito lo scorso agosto e lo ha accompagnato in tour). Collaborazioni che hanno in qualche modo tenuto vive le due anime del musicista di Oakland, che da quando ha smesso di studiare batteria Jazz al Berklee College di Boston, si è diviso tra l'amore per il Synth e quello per la chitarra.
Finalmente, a distanza di tre anni da “The Days We Had”, con la sola “Still Let You Down” ad allietare l'attesa nel mezzo, Jackson torna a Day Wave, il progetto solista che lo ha reso famoso dopo la fine dei Carousel.
E non stupisce che sia nuovamente il formato Ep ad essere prescelto per il come back, lui che prima del full length di esordio ne aveva già pubblicati due.
Lo Fi e DIY sono le due definizioni che, per quanto abusate, si prestano alla perfezione per definire il suo approccio alla musica e la sua etica di lavoro, sempre molto modesta e casalinga per cui perdonatemi se oso ritirarle fuori, in un’epoca in cui potrebbero apparire anacronistiche. Questa volta, d’altronde, sono forse più azzeccate di prima, dato che ha fatto tutto da solo, compreso il mastering e ha registrato i pezzi nella sua casa di Los Angeles.
Cosa dobbiamo aspettarci? Niente di più di quello che abbiamo sempre avuto. Phillips non ha mai nascosto il suo amore per i Beach Boys e per i Joy Division/New Order, artisti per molti versi antitetici ma che lui ha saputo fondere unendo le grandi melodie dei primi ai fraseggi di chitarra dei secondi, componendo canzoni che suonano crepuscolari ma che hanno al contempo il richiamo irresistibile delle grandi Pop songs.
Qui non succede niente di molto diverso: Indie Pop da manuale che spesso mette davanti l’aggettivo “Dream” e che guarda da vicino la produzione di gente come DIIV, Radio Dept., Real Estate, Wild Nothing e altri act su questa falsariga.
Quattro canzoni che si muovono principalmente sull'Up Tempo e che hanno quel feeling anthemico che le rende perfettamente funzionanti (su tutte l'opener “Start Again” e “Potions”, da cui è stato tratto un interessante video con tanto di animazioni). La title track, qui in veste di chiusura, si discosta dalle coordinate generali e si configura come una ballad per piano elettrico, dove il feeling casalingo della registrazione ne accentua il carattere introspettivo.
Sono come sempre canzoni in punta di piedi, efficaci nell'incedere ma mai troppo gridate (in linea, del resto, con l'estetica di appartenenza) e che parlano soprattutto di un desiderio di ripartenza, di riprendere un contatto con la versione migliore del proprio io e di imbastire un rapporto di coppia la cui solidità sappia vincere sulle insicurezze di tutti i giorni.
Non aggiunge e non toglie nulla al catalogo Day Wave e molto probabilmente, per leggere meglio gli sviluppi futuri dovremo attendere il prossimo disco.
Detto questo, i tredici minuti di musica contenuti in “Crush” sapranno farvi buona compagnia in questi giorni di lockdown.
E per chi stesse obiettando che alla lunga le sue canzoni sono tutte uguali, ribatteremmo che sì, non è obiezione che si può liquidare su due piedi ma che, del resto, ci aveva pensato già lui a rispondere, tempo fa: “Sono solo io a suonare, se le canzoni vi sembrano così simili tra loro è perché ogni nota cantata e suonata proviene da me. Non voglio forzare le cose per fare in modo che i pezzi suonino differenti, mi piace che il tutto accada in maniera naturale”.