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REVIEWSLE RECENSIONI
02/01/2023
Sammy Hagar And The Circle
Crazy Times
L'immarcescibile Hagar torna con un vibrante disco rock, che tracima energia ed entusiasmo. A produrre, il mago Dave Cobb.

Crazy Times è il terzo album a firma Sammy Hagar and The Circle, supergruppo formato dall'ex cantante dei Montrose e dei Van Halen, e da tre veterani come Jason Bonham (figlio di John) alla batteria, Michael Anthony (colonna portante dei Van Halen) al basso e Vic Johnson alla chitarra (sodale di Sammy in tutti i suoi progetti da vent'anni a questa parte). A 75 anni d’età, Hagar potrebbe tranquillamente vivere sugli allori, attaccare la chitarra al chiodo, e godersi l’esistenza in santa pace, lontano dagli assordanti volumi di quella musica rock che è stata da sempre la sua linfa vitale. Eppure, non gli basta mai. Ed è probabilmente per un surplus di vitalità, che l’ex leader dei Montrose non molla il colpo, ed è ancora pervaso da una voglia pazzesca di suonare insieme agli amici di sempre, di provare a vedere se il sacro fuoco del rock possiede la forza di azzerare il dato anagrafico.

Così, questa voglia di tornare a registrare un altro disco, invece di godersi il sole su qualche spiaggia messicana, ha spinto Hagar a fare le cose in grande e a scegliere come compagno di avventura, dietro la consolle, il mago Dave Cobb, che ha vinto otto Grammy lavorando con artisti del calibro di Chris Stapleton e Brandi Carlile, ed è cresciuto ascoltando ossessivamente Hagar in tutti i suoi numerosi progetti.

Un’amicizia nata due anni fa, che aveva portato inizialmente la strana coppia a pensare a un disco di americana suonato con strumenti acustici. Pare, però, che sia stato lo stesso Cobb a insistere per portare Hagar e soci all'RCA Studio A di Nashville, non per rinverdire i fasti del suono roots, ma per realizzare quello che sperava si trasformasse nel disco definitivo di Sammy Hagar, una raccolta di canzoni rock da far tremare gli altoparlanti con bordate elettriche.

L’idea era quella di creare una summa del suono Hagar, convogliare in dieci canzoni più di mezzo secolo di esperienza, evocare i Montrose e i Van Halen, e aggiungere un pizzico di Led Zeppelin, vista la presenza alla batteria di Jason, figlio del grandissimo John Bonham. Ritrovare, quindi, la magia delle sonorità classiche e coniugarla con la freschezza di una band che ha una voglia matta di divertirsi, e motivare il cantante, nonostante la veneranda età, a replicare il graffio di una voce che ha fatto la storia.

Ne è venuto fuori un disco di rock schietto e verace, che trabocca divertimento e apparecchia una scaletta di brani energici e vibranti, alternati da qualche vellutata ballata. Un disco registrato praticamente in presa diretta, con solo alcune sovraincisioni di chitarra, con sessioni di registrazione pervase da una gioiosa scarica di adrenalina e supportate dal palpabile entusiasmo di Cobb, che ha miscelato con la consueta sapienza sei brani di Hagar e tre scritti tutti insieme, aggiungendo anche una cover del classico "Pump It Up" (1978) a firma Elvis Costello and the Attractions, che la band spesso suona per divertimento nel backstage prima dei concerti, ma che non aveva mai provato in studio (e ne è venuto fuori un gioiello infuocato).

Crazy Times, poi, è stato registrato nell'autunno del 2021 quando il mondo stava iniziando a uscire dalla bolla pandemica, e si percepisce, quindi, anche il desiderio di tornare in una stanza a scatenarsi con gli amici, finalmente liberi, abbandonati a una sorta di catarsi e a quel cameratismo che spesso diventa il carburante più nobile del fare musica.

Tutto funziona alla grande nei trentotto minuti di durata, sia quando la band si approccia a momenti più acustici e intimi ("Be Still" e la splendida "Father Time", ballata springsteeniana, scritta da Hagar il giorno del suo settantesimo compleanno e registrata per la prima volta sull’iphone), sia quando sfodera tonnellate di decibel (il passo pesante di "Slow Drain", il groove travolgente di "Funky Feng Shui", il crescendo spazzatutto della title track). E se Hagar non ha più la voce dei giorni di gloria, scalcia e sbuffa, però, come un toro inferocito, ed è una goduria essere ancora asfaltati da quell’ugola roca e abrasiva.

Crazy Times è una specie di concept album sui giorni folli che l’umanità ha vissuto negli ultimi anni, una sorta di vademecum su come affrontare le difficoltà dell’esistenza, che propone un formula implicita, semplice ma efficace: alza il volume dello stereo e fatti stordire dalla carica inesausta di una musica sanguigna e verace. Impetuoso e scalciante, l’immarcescibile Hagar ci consegna una lectio magistralis di classic rock, forgiata nella consapevolezza di chi ha macinato chilometri nella storia, ma è ancora eccitato dallo stesso entusiasmo dei vent’anni.