Per questo nuovo Country Fuzz si potrebbe parafrasare quel celebre aforisma di Oscar Wilde affermando che “i Cadillac Three non hanno niente da dire, ma lo dicono così bene…”. Già, perché giunti al quarto album in studio, il terzetto originario di Nashville continua imperterrito a rimasticare la stessa identica idea di sempre: un rock intriso di afrori sudisti, energico, ruspante, cafone e prevedibile. E non basta sviare l’attenzione dell’ascoltatore con un titolo che ammicca al country (di cui, per carità, si coglie l’eco), dal momento che fin dal primo ascolto si viene colpiti dal consueto quantitativo di elettricità e dallo srotolarsi (per ben sedici canzoni, questa volta) dell’abituale repertorio con cui avevamo fatto conoscenza nei dischi precedenti.
Tuttavia, al netto di un tasso di originalità tendente allo zero, bisogna ammettere che in Country Fuzz tutto funziona a dovere, che il disco si fa ascoltare con piacere più e più volte, proprio perchè il piatto della casa è cucinato meglio e risulta più gustoso del solito.
Niente che faccia perdere la testa, ovviamente, ma quello stereotipo americano fatto di pick up in corsa su strade impolverate, barbe e capigliature incolte, cappellini da baseball, pub frequentati da blue collar, birra ghiacciata e bourbon tracannati alla goccia suona più credibile del solito.
Non è un caso che spesso il filo conduttore delle liriche di Jaren Johnston sia proprio l’alcol, come si può evincere facilmente da titoli quali Jack Daniel’s Heart, Whiskey And Smoke o nel brano iniziale, Bar Round Here, in cui il frontman apre le danze con una vera e propria dichiarazione di intenti (alcolici): “Well I Sure am Thirsty”.
A fronte di questo trito approccio tematico, che sembra essere l’unico meritevole di essere trattato, le canzoni però girano sul piatto che è un piacere, a partire dal riff straccione della nerboruta Hard Out Here For a Country Boy, tagliata a metà da un bel solo di armonica, per proseguire poi con la slide infuocata di Slow Rollin’, in cui la band ruba ai Black Keys il giro di Lonely Boy, gli ammiccamenti mainstream dell’ottima Labels, il beat selvaggio e il ritornello acchiappone di Crackin’Cold Ones With The Boys o il virile romanticismo della conclusiva Long After Last Call, ballata che gira dalle parti di Eric Church.
In definitiva, come già spiegato, Country Fuzz, altro non è che l’ennesimo disco che ci saremmo aspettato dai Cadillac Three, ma realizzato molto meglio di tutti i suoi predecessori. Se, quindi, siete attratti dall’immaginario americano fatto di untuosi barbecue e bevute colossali, difficile trovare un sottofondo migliore. Pasquetta si avvicina, e se tutto andrà bene, l’abbinamento panino alla salamella-Cadillac Three saprà donarvi grandi soddisfazioni.