Loudd vi regala un momento in cui il tempo è chiamato a fare i conti con i nostri bisogni e non il contrario. In questo spazio, da ufficio dovremmo dire: eccovi l’anteprima nazionale del video di “Il tempo che brucia sull’asfalto”, un brano che lancia ufficialmente il nuovo disco di Roberto Sarno in uscita questo 6 Dicembre. Ma non è questo il taglio della mia penna e non è questo il motivo per cui Loudd mi concede lo spazio. Il motivo è sempre quel bisogno impagabile di scavare oltre. E in questo caso, oltre c’è la capacità di raggiungere quel luogo segreto ove il tempo ha rifugio e conta in disparte i denari che leva alla gente e raccoglie la polvere che produce usando la fretta. Roberto Sarno, in questa sua “Prova Zero” - come ha deciso di titolare il disco - farà in modo di fermarlo, questo tempo, con un suono primigenio, intimo, personale, ricamato a mano, arricchendo la sua chitarra con una sequenza operosa di programmazioni e qualche linea di Sax. Ma le anime sono due, lui e Marco Mafucci, senza contare il piano che sentiremo su questo brano e su un altro a cura di Alberto Nepi. Insomma: non serve altro.
E poi gira questo video lo-fi che quasi mi riporta ai notturni metropolitani della mia adolescenza, sfoglia il tempo come incanto e vi invita a restare fermi contro la fretta di operare qualsiasi cosa. La sua scrittura è ovatta e il suo incedere è pellegrino, attento come farebbe un poeta bambino che si guarda attorno, laddove il mondo degli altri scappa, quello di uomo quotidiano scappa, quello di padre e professionista scappa… il poeta bambino respira e gioca con i suoi fantasmi. Nell’ascolto del disco che verrà ho anche ritrovato un brano di Motta che non conoscevo, non conoscendo Motta. La forza di Sarno che di nuovo si dimostra vincente, è stata nel renderlo suo proprio cambiandone il tempo di quel poco che basta per far cadere ogni dettaglio al momento giusto.
Ai tempi della mia scuola di magia, il maestro prestigiatore mi disse che non è come dicono tutti. Il gioco non si svela se la mano è veloce. Il trucco si compie se il nostro tempo è rispettato. Il nostro tempo. Ormai viviamo invece nel tempo che decide la televisione. E il trucco si vede ma ormai non abbiamo modi per scappare dal teatro di scena. O forse in fondo non ne abbiamo più le capacità.
Sarno ha ripreso il suo tempo, le sue canzoni di una vita e le ha suonate e le ha rivestite di questa nuova pelle. Ha cambiato faccia. Ecco la sua prova zero di questa rivoluzione.
Oggi lanciamo questo video, questo brano che non è un brano nuovo. Tutto questo disco non è un disco nuovo per te. Partiamo da qui: perché la necessità di dare nuovo suono e forma alle tue canzoni? Non ti sembra un cambiare la faccia a te stesso? Non ha il sapore di un contraddirsi o magari di un cambio di idea?
Considero questo disco come un punto di partenza per una radicale evoluzione del mio stile, rappresenta il coraggio di fare cose diverse. Ho selezionato alcune delle canzoni che più hanno marcato il mio percorso artistico degli ultimi anni, per rappresentare il cambiamento che trae nutrimento dalle origini. Questo pensiero è maturato lentamente durante tutto il corso del 2018, quando con Marco Mafucci stavamo cercando nuovi arrangiamenti per i live con una formula più flessibile, è emerso quasi per caso, mi accorgevo che via via mi stavo avvicinando al cuore e all’essenza di queste canzoni.
E poi come dici tu, non è un disco di canzoni nuove per me, ma sicuramente lo è per la massa. Sono molto legato a questi pezzi e vorrei condividerli con un pubblico più numeroso.
Il tempo non solo scorre sull’asfalto ma brucia anche. Perché questa immagine? Molto figlia degli anni ’90 se mi permetti…
Le percorrenze sull’asfalto mi accompagnano nel lavoro quasi ogni giorno, devo sostenere molti spostamenti e ho molto tempo a disposizione per pensare. A volte lasciare casa col magone e lo stomaco aggrovigliato rende l’asfalto incandescente, vorrei tornare indietro, il tempo diventa interminabile e brucia come se fosse lava.
…anni 90? …Non saprei, è possibile che si senta il mio distacco nel modo di vedere le cose rispetto agli autori contemporanei. Forse meno di altri sono influenzato dagli stili alla moda e mi riferisco più al mondo che circonda la mia persona che agli slogan di appartenenza.
E tu che rapporto hai con il tempo?
Lo rispetto, è un bene molto prezioso e so che non è senza fine. O meglio il tempo è infinito, ma noi umani nel tempo troviamo fine. Talvolta lo temo perché è inesorabile, non è mai consentito il “riavvolgimento del nastro”. Pensa a quando perdi una persona…!
D’altra parte il tempo porta con se il cambiamento, se lo cavalchi nel verso giusto può essere una potentissima fonte di salvezza e di vita.
E il video lo-fi, un video “on the road”, un video quotidiano dalle immagini alterate, distorte. Tutto ha l’aria di un quadro post-atomico…
L’idea è del mio amico Andrea Baldesi, con il quale abbiamo una collaborazione consolidata da anni.
Questo video racconta l’atmosfera del viaggio che non vorresti mai fare. Le immagini alterate e la distorsione dei colori sono la malformazione del pensiero nel momento in cui ti allontani da ciò che stai vivendo e con la mente torni alle cose che hai lasciato alle spalle.
È la malinconia del non ritorno, di quelle esperienze che durante il corso della vita hai fatto e di cui avresti voluto fare a meno.
In tutto questo “nuovo” disco ho come l’impressione che la scena new wave anni ’90 sia stata determinante per te. Non è così?
Di sicuro la ricerca di uno stile personale nella canzone mi ha portato ad ascoltare moltissimo i più recenti autori italiani. Ho voluto approfondire l’uso della parola nella nostra lingua per trovare come avvicinarla alle sonorità anglofone a me più confacenti. Tuttavia non saprei dire quanto e cosa di tutto questo alla fine faccia parte di me.
Ad ogni modo se ti riferisci ad autori come Agnelli, Godano o Clementi, è possibile che tu abbia ragione.
La scelta di rendere omaggio a Motta… la scelta di interpretare (molto meglio a mio avviso) “Abbiamo vinto un’altra guerra”. Tra tanti perché proprio lui, perché proprio questo brano?
Credo che improvvisamente e inaspettatamente, navigando nel mare banale del più recente cantautorato italiano, ci sia stato qualcosa che mi ha toccato un po’ più a fondo. In particolare il testo di questa canzone parla di qualcosa di cui avrei voluto raccontare anch’io. Ne ho catturato l’essenza e l’ho sviluppata.
Inoltre è stato anche un modo per confrontarmi con una generazione che non è la mia, per entrare anche qui in una dimensione diversa e misurare il mio potenziale disagio.
Ad ogni modo ho registrato questo pezzo più di un anno fa e probabilmente se dovessi ripetere l’esperienza adesso proverei con qualcosa di Giorgio Poi.
La provincia italiana… quanto conta ancora oggi? Prima era il centro nevralgico dell’arte e della controcultura. Oggi secondo te?
Credo che le tendenze vengano generate nelle grandi realtà, mentre nelle minori spesso venga scimmiottato ciò che arriva da lontano, alle volte tuttavia alcune tra le personalità artistiche più forti si consolidano proprio nelle periferie, in contrasto con le mode.
Ricorrendo al passato mi viene in mente New York alla fine degli anni ’70, quando nascono i Talking Heads, una band carismatica, di tendenza e di scuola per molti. Contemporaneamente dal vicino New Jersey escono i Television, in controtendenza e di nicchia, ma altrettanto una pietra miliare per la storia della musica.
Oppure a Londra negli anni ’90 con i Blur, quando dalla poco distante Bristol emergono i Portishead.
In Italia attualmente la canzone di tendenza si sta sviluppando a Roma, ma il livello è quello di Gazzelle o di Ultimo… ecco perché gli stimoli sono quelli che sono e qualche chilometro più a nord puoi trovare al massimo Roberto Sarno e non certo Justin Vernon…
…sto scherzando naturalmente!
A chiudere: ho ascoltato tutto il disco e tu lo sai. Col senno di poi ho come l’impressione che ci sia il bisogno di una fuga, figurativa e sonora, dalle nostre città, dal quotidiano. Ho come avuta l’impressione che questo “tempo” debba essere fermato o almeno rallentato. Anche la tua voce cerca le pause e la lentezza nelle sue melodie. Quanto sono fuori pista…?
Fare musica e scrivere canzoni per me è un po’ come galleggiare in una dimensione surreale, dove il pensiero vola libero e fa rallentare l’esistenza stessa.
Mi piace cantare, sentire il suono della mia voce e sono legato alle cose che scrivo, ma alle volte non trovo le parole giuste e lasciare spazio alla musica mi avvicina di più allo stato d’animo che mi ha portato a scrivere quel pezzo.
La gestione del tempo è una prerogativa molto ambita in genere, per me lo è all’ennesima potenza. Ho una moglie, quattro figli, un cane, un lavoro impegnativo, mi piace fare l’artista, mi piace coltivare le amicizie e le relazioni, ho molti interessi e vorrei averne degli altri. A volte mi piace pure fare niente o dormire... e il tempo non basta mai!
Credo che tu abbia ragione, anche involontariamente sto provando almeno a rallentarlo questo tempo!