Abbiamo già avuto modo in più di un'occasione di ricordare come nel pieno della pandemia da Covid 19, per aiutarci a starcene buoni a casa nostra, Raiplay abbia messo a disposizione gratuitamente parte della programmazione del contenitore cinefilo Fuori Orario. Questa è indubbiamente una bella occasione, soprattutto per il cinefilo incallito, inguaribilmente curioso, di andare a scovare film e reperti altrimenti poco visibili su altre piattaforme e men che meno sulle reti generaliste e, sottolineiamolo, anche quando programmati da Fuori Orario su Rai 3 accessibili solo in orari inumani. Grande opportunità dicevamo, ma si sa, le opportunità portano con loro anche un fattore di rischio, la probabilità di incappare in opere lontane dai propri gusti, indigeribili, o magari poco appaganti nonostante un loro valore storico e artistico riconosciuto è sempre presente, se non si è dei super esperti di (Storia del) Cinema l'unica è affidarsi ai consigli di critici professionisti e sperare per il meglio, io ad esempio così ho fatto approcciandomi a questo Contatti di Paulino Viota. Purtroppo questa volta è andata male, pur riconoscendo al regista qualche merito (legato più che altro a questioni di grande coraggio) Contatti mi ha lasciato abbastanza indifferente, fortunatamente la durata davvero esigua (un'oretta) non permette al tedio di gettare lo spettatore nello sconforto. Diciamo che per chi è a caccia di un Cinema diverso qui il rischio ce lo si può prendere anche a cuor leggero.
Premessa: Contatti è il primo dei tre lungometraggi girati dal regista, alle spalle già diversi corti e almeno un mediometraggio. Siamo nel 1970 in Spagna, sono anni in cui la condizione economica della popolazione iniziava a migliorare e ad avvicinarsi al progressivo benessere degli altri paesi europei, gli spagnoli iniziano a vedere innanzi a loro un futuro con qualche prospettiva ma sono ancora sotto il regime franchista che andrà avanti per almeno un altro lustro, un regime che non lesinava agli oppositori torture, condanne a morte, fucilazioni, insomma... il pacchetto completo offerto dalle peggiori dittature. È in questo clima non troppo disteso che Paulino Viota, prendendosi i suoi rischi, gira clandestinamente questo film che per i contenuti, seppur molto vaghi, avrebbe potuto essere inviso al regime, è proprio questo atto di coraggio che può portare ad apprezzare un'opera altrimenti molto povera sia dal punto di vista formale che di contenuto.
Viota gira principalmente in interno, anche per un'ottica di prudenza immagino, un corridoio di una casa dove si affittano delle camere, le camere stesse, un tratto di strada in esterno e il ristorante (anche qui una sola stanza ripresa) dove i due protagonisti lavorano, due giovani amanti che sono anche gli affittuari delle due stanze di cui sopra. Principalmente inquadrature fisse, qualche brevissimo piano sequenza e carrello di raccordo, pochissimi movimenti di macchina. Anche il bianco e nero, restaurato di recente presenta una grana che mostra i segni del tempo. La protagonista e il suo amante Javier sono probabilmente coinvolti in qualche non ben specificata attività anti governativa, c'è sempre un clima di sospetto nella pensione, i due nascondono la loro relazione alla proprietaria di casa, Javier ha degli incontri ermetici con l'amico Juan, dai discorsi trapela l'insoddisfazione per una situazione generale pesante e per la mancanza di diritti, anche nell'ambiente di lavoro. Accenni, incontri clandestini in strada, un clima di oppressione sottolineato dall'assenza di musica e dalla limitatezza delle location. Dialoghi vaghi a indicare una condizione generica, mai fatti concreti, il film è una metafora della vita nella Spagna di quegli anni, ma oltre a questo e, va sottolineato ancora, al coraggio di Viota che non in molti avrebbero avuto, il film in tutta sincerità non ha davvero nulla di interessante da dire anche se rimane un documento di una certa importanza per il contesto storico in cui è stato realizzato. Solo per veri appassionati di Cinema nascosto o storici del periodo franchista.