Quello che frega di Congratulations è la stordente leggerezza. Basta appoggiare la puntina sul vinile, iniziare l’ascolto ed è un attimo fluttuare a mezz'aria, nei vapori di una nuvola cangiante di suoni ora ammiccanti, ora languidi, spesso impalpabili ed eterei. In questo, si può pensare, risieda il senso ultimo del disco: abbandonarsi alla leggiadria e alla spensieratezza. Poi, però, dopo alcuni ascolti, qualcosa non torna, e quella che apparentemente sembra semplicità, è in realtà un organizzato coacervo di rimandi, citazioni e arrangiamenti che per essere compreso fino in fondo impone un'attenzione di gran lunga superiore alla media.
La musica degli MGMT, quando il duo è al massimo dell’ispirazione, vive, infatti, di due massimi sistemi apparentemente confliggenti, eppure indispensabili entrambi affinché questo progetto di synth pop psichedelico si possa pienamente realizzare. Da un lato, una semplicità comunicativa all'apparenza quasi puerile e per questo tale da rendere il gradimento della loro musica assolutamente trasversale; dall'altro, un febbrile e meticoloso lavorio di composizione, produzione e arrangiamenti, che rende imprescindibile alla comprensione un accurato, ci sia consentito l’azzardo, studio filologico.
L’esordio Oracular Spectacular aveva già testimoniato un’inaspettata sensazione di geniale creatività, quasi gli MGMT fossero, in un contesto musicale condannato al riciclo, gli alfieri di una avanguardistica poetica pop. Come talentuosi cuochi in stile Adrià, per intenderci: gli ingredienti di sempre, certo, ma un inusitato modo di cucinarli. Una pietanza, poi, arricchita dal sapore che non ti aspetti, l'intuizione dello chef visionario che scompagina i tradizionali canoni del gusto per innovare e sperimentare.
Quel primo disco guardava al futuro attraverso gli occhi aperti sugli anni 70. Stravolti e stralunati ovviamente, grazie a un'idea di suono che partiva da Bowie (ma non solo), per perdersi poi in un fluttuare elettronico atemporale. Congratulations, invece, rimanda prevalentemente ai mitici anni '60, come suggerirebbero un certo mood disadorno e un gusto per il divertissement fine a se stesso.
Eppure, il progetto si arricchisce, brano dopo brano, di quel tessuto sommerso di cui si diceva all'inizio, di una complessità sottostante di perifrasi e accenti, impossibile da cogliere se si resta in superficie.
Un brano come Brian Eno è l’esempio più calzante: fresca, semplicissima, orecchiabile. A un ascolto distratto va via liscia come un bel bicchiere d'acqua ghiacciata tracannato per combattere l'arsura. Eppure, l’apparente semplicità, cela un universo affascinante di rimandi e citazioni: arrangiamenti psych pop alla Love, una strizzatina d'occhio agli Stones di Paint it black e un ritornello che se fosse un filo più ruvido porterebbe la firma dei Fuzztones.
Lady Dada's Nightmare (che chiama in causa, nemmeno troppo velatamente, la principessa del pop Lady Gaga), è un brano così evaporato e morbido, che sembrerebbe uscito da una colonna sonora di un Morricone in trip di erba, se non fosse per quel patchwork noise in sottofondo che lo fa emergere, ascolto dopo ascolto, echi kingcrimsoniani. E che dire dei dodici minuti e passa di Siberian Breaks, strabiliante suite agrodolce, canzone a incastro che invita a tratti a scomodare addirittura gli Yes e, perché no, persino i CS&N?
Ecco, dunque, il bel casino di Congratulations, un disco dal quale verrete fuori indenni solo vi asterrete da approfondimenti. A volerci perdere la testa, tuttavia, qui c'è pane per i denti dei musicofili più attenti alle citazioni. Mancano, certo, singoli fulminanti come Time to Pretend e The Youth, ma per l'heavy rotation non è indispensabile. Gli MGMT con questo sophomore disegnano, per la seconda volta, un'ipotesi musicale per il futuro e un bel ripasso di storia, riuscendo ancora nell’impresa di coinvolgere cuore e cervello in un gioco tanto divertente quanto emozionante.