Concerto for Saxophone non è riducibile a un estemporaneo esperimento di musica classica moderna concepito da uno straordinario compositore, arrangiatore e direttore d’orchestra insieme a un celebre sassofonista jazz fusion. Si tratta invece di un percorso nuovo e stimolante intrapreso da un personaggio geniale che fin dagli inizi di carriera congiunge generi di difficile e improbabile coesistenza.
Ricorda per certi versi il tentativo (non sempre riuscito, in verità, ma di grande effetto e intuizione) di unire la lirica al rock da parte di Pavarotti. Ci troviamo però di fronte a una commistione tra “sacro” e profano con una chiara direzione e un preciso intento: tutti gli strumenti sinfonici si mettono al servizio di quello solista e principale, in questo caso il sassofono, e non viceversa, come nell’operazione di “Big Luciano”, ove era lui il personaggio su cui costruire la trama e gli intrecci sonori.
La grandezza di Michael Kamen sta proprio in questo, come ampiamente dimostrato successivamente con Eric Clapton e, soprattutto, i Metallica. Se nel primo caso la bellezza delle serate alla Royal Albert Hall di inizio anni novanta è affiorata nella sua completezza con l’operazione The Definite 24 Nights solo alcuni mesi fa, le performance con il gruppo heavy metal esercitano il loro fascino fin dall’epoca dello straordinario S&M (1999), appassionante ed emozionante dimostrazione che ottoni, arpe, timpani e un esercito di violini possano convivere e, anzi, dare nuova luce, al repertorio del quartetto hard rock statunitense, addolcendo i pezzi duri e irruenti oppure regalando inaspettate e piacevoli sfumature alle struggenti ballate.
Classe 1948, Kamen nasce oboista e, con l'amico Martin Fulterman (alias Mark Snow, noto in seguito per la colonna sonora di X Files), da buon amante e precursore delle mescolanze ardite fonda i New York Rock 'n' Roll Ensemble, che pubblicano cinque album tra il 1968 e il 1972 spaziando tra rock, fusion e classica, esibendosi nei live in cravatta bianca e frac in mezzo a brani ricchi di groove e interludi sinfonici. Michael intraprende poi una fiorente carriera a livello compositivo nel cinema e come arrangiatore d’archi per songwriter e gruppi musicali del calibro di David Bowie (David Live), Pink Floyd (The Wall), Eurythmics ("Here Comes the Rain Again") e Queen ("Who Wants to Live Forever"). Sono davvero innumerevoli i registi e gli artisti con cui ha collaborato, e proprio tale suo continuo inserimento tra modalità strumentali astratte, classiche, contemporanee e fisicità estetiche tipiche del pop rock lo conducono a ideare il Concerto per Sassofono, pubblicato nel 1990.
David Sanborn e Michael Kamen si conoscono dal 1972, quando si incontrano in uno studio di registrazione a New York e diventano ottimi amici e colleghi. Il sassofonista di Tampa, Florida, arriva da esperienze rock blues, su tutte quella con la mitica Paul Butterfield Blues Band, e nel corso degli anni non abbandona mai il genere diluendolo però fortemente nel jazz, nel funk e nella fusion. La maturità artistica raggiunta da entrambi consente nel 1989 un nuovo incrocio tra loro, dopo quello insieme a Clapton per le soundtrack di Arma Letale. Concert for Saxophone diventa il fiore all’occhiello per il “Maestro” di New York City, figlio di un dentista e un insegnante, con la passione fin da piccolo per il balletto e la musica da camera.
Il disco è diviso in due segmenti: tre lunghi ma spesso impetuosi duetti Sanborn/orchestra e cinque pezzi pop-jazz radiofonici. L’alto sax si insinua magicamente tra le note della National Philarmonic Orchestra condotta in modo magistrale da Kamen. Le sue composizioni sono perfettamente studiate per recepire ed enfatizzare le divagazioni di David ed è questo il piatto forte dell’abbinamento. Infatti accanto all’attenzione maniacale della parte sinfonica da parte del direttore si infilano le note calde e a tratti vivide del sassofono che, al di là di una partitura iniziale comunque ben costruita, sono libere di improvvisare e tornare al tema principale. Accade in tutte e tre le frazioni, denominate “1st Movement”, “2nd Movement” e “3rd Movement”. Ventisette minuti totali di grande intensità, prima di passare ai brani più orecchiabili, che consentono di abbassare la solennità evitando ridondanza e autoreferenzialità.
Se “Helen-Claire” e “Zoe” godono dell’aggiunta della sezione ritmica grazie a percussioni, batteria, basso e chitarra rispettivamente di estrosi session man di altissimo livello, quali Ray Cooper, Andy Newmark, Pino Palladino e Elliott Randall, altri highlights dell’opera sono sicuramente i brani con ospiti due immensi Guitar Hero, così diversi per carattere e sensibilità, ma molto vicini per stile e suono. “Sasha” prosegue il rapporto con David Gilmour, cominciato dal tempo dei Pink Floyd e che in seguito continuerà nelle attività live del chitarrista all’inizio del nuovo secolo. “Sandra”, l’unica senza il contributo della National Philarmonic Orchestra, gode invece dell’apporto di Clapton, con il quale ha instaurato una proficua partnership dal 1985, all’epoca del pluripremiato score per la serie televisiva “The Edge of Darkness”. L’affinità elettiva tra Kamen e i due special guest è di rara compiutezza, il sax virtuoso di Sanborn risulta assolutamente integrato anche in queste composizioni, ed è pertanto affascinante ascoltarlo in un contesto così audace.
La chiusura del disco con “Waiting for Daddy” consente di rivivere alcuni minuti della colonna sonora di Brazil (1985), “dark comedy” dell’istrionico regista Terry Gilliam e altro grande successo di Michael Kamen, un personaggio che lascia il segno pure negli anni successivi al 1990, prima della prematura morte per sclerosi multipla a soli 55 anni nel 2003. “Fields of Joy” di Lenny Kravitz, “(Everything I Do) I Do it for You” di Bryan Adams sono solo alcune delle canzoni famose in cui il Maestro mette lo zampino come co-autore. Rimangono da ricordare fra le tante attività anche gli arrangiamenti per Kate Bush e Roger Daltrey e la sua apprezzata direzione d’orchestra per il tributo a George Harrison Concert for George (2002).
Innovativo e visionario, non si è inoltre mai tirato indietro per fare beneficenza e aiutare gli altri, sia precedentemente sia dopo il 1997, anno di inizio della sua malattia degenerativa. Il suo coinvolgimento nella scrittura della colonna sonora di Mr. Holland's Opus, ove un compositore frustrato trova la sua realizzazione come insegnante di musica in un liceo, lo porta a creare la Mr. Holland's Opus Foundation nel 1996. La fondazione sostiene l'educazione musicale attraverso la donazione di strumenti nuovi e ricondizionati a programmi scolastici e comunitari e a singoli studenti negli Stati Uniti.
Parecchi artisti di ogni genere sono rimasti affascinati dalla genialità di quest’uomo, sempre pronto a nuove sfide e preoccupato di lasciare una traccia, un segno del suo passaggio sulla Terra nel presente, senza mai pensare oltre, convinto che, come si suol dire, “cogliere l’attimo” sia la filosofia con il miglior “buon rendere” per un musicista.
«Ho un profondo rispetto per le persone che hanno una visione metafisica della vita, e sarei molto desideroso di condividerla, ma devo confessare che la mia sensazione è che siamo ciò che siamo, questo è il presente e questa è l'unica danza che c'è, ed è una filosofia del tipo "sii qui ora". Se c'è una ricompensa nella prossima vita, bene! Io intendo essere una persona il più possibile buona in questa esistenza e, certo, potrebbe portare a qualcosa, ma non posso certo vivere per la prossima vita. Non sono pieno di fede o di dedizione come Bach, il quale scrisse tutto per la gloria di Dio, tutto con la certezza che avrebbe abitato in cielo per l'eternità. Io non sono così fortunato. Ho sentito Richard Dreyfuss in un'intervista, dopo aver interpretato un predicatore. Un giornalista gli chiese: "Crede in Dio, signor Dreyfuss?", e lui rispose: "No, mettiamola così: sono un agnostico disposto a essere convinto!". Ebbene, non posso che essere d’accordo!» Estratto da intervista di Jonathan Broxton e James Southall, Movie Music UK, 1998.
E altrettante star non hanno esitato a omaggiarlo dopo la sua morte. Nel 2004 Annie Lennox riceve il premio Oscar per la migliore canzone originale e dedica il suo risultato a Kamen. Viene commemorato nei film Boo, Zino & the Snurks e First Daughter, a cui stava lavorando al momento della scomparsa, ed è ricordato con affetto anche nelle liner notes di On An Island di David Gilmour. Immortale, grazie alla sua splendida musica.