«Amo Stevie Wonder. Quando esco dal territorio reggae, lui è uno dei miei preferiti. Mio padre gli era molto amico, avevano un’incredibile affinità elettiva».
(Estratto da intervista a Stephen Marley, unitedreggae.com, 2012)
«A livello musicale, sociale e politico, Stevie Wonder incarna la figura di leader afroamericano più influente di tutti i tempi».
(Angie Stone nelle liner notes di Conception – An Interpretation of Stevie Wonder’s Songs)
Di Stevie Wonder ne esiste uno solo: con il suo talento e la sua generosità ha contribuito con forza e tenacia a infrangere le barriere tra musica bianca e musica nera. Non poteva quindi mancare un omaggio al suo meraviglioso repertorio che vedesse schierati artisti di ogni etnia, credo e religione musicale. La Music Time Machine di Loudd ci riporta al 2003, anno in cui è uscito questo particolare progetto dedicato all’autore di “I Just Called to Say I Love You”.
Così, dall’unico inedito del lotto, “Wonderful” di India.Arie (una sua composizione scritta proprio per l’occasione insieme a Mark Batson), influenzata fin dagli esordi direttamente da Stevie, passando per Angie Stone nella leggiadra “You Will Know” e continuando attraverso il fascino di Carol Wheeler in “In Another Star”, il disco vuole essere un tributo al maestro e alle sue mille sfumature interpretative che hanno permesso alle sue canzoni di andare a nutrire e ispirare altri talenti.
«“I Was Made to Love Her” ha cambiato il mio modo di pensare melodie e arrangiamenti, da allora mi sono innamorato del songbook di Stevie».
(Estratto da intervista a Eric Clapton, BBC Radio 4)
Quando un rocker come John Mellencamp si esibisce nella sorprendente e rasposa “I Dont Know Why I Love You” e un fuoriclasse del calibro di Eric Clapton mette anima e cuore nel rileggere intensamente “Higher Ground”, trasformandola in un boogie-blues, si percepisce nell’aria tutta l’importanza avuta da Wonder non soltanto per gli artisti black.
Deliziose anche “That Girl” nella versione r&b/rap di Joe & Mr. Cheeks e la celeberrima “Master Blaster” nella convincente rivisitazione di Stephen Marley, accompagnato in modo magnifico dai fratelli Damian “Junior Gong”, Julian e Kymani insieme a Spragga Benz.
“Overjoyed”, dove entra in campo la sontuosa Mary J. Blige, ha il feeling della succedaneità, e Glenn Lewis mantiene inebriante e ipnotica ”Superstition”. Piace, inoltre, il groove di “Send One Your Love” reso particolare dal soul crooner Brian McKnight. Si trova inaspettatamente a suo agio Marc Anthony nella romantica “All in Love Is Fair”, mentre il bravissimo Musiq mostra di che pasta è fatto con la superba “Visions”.
Conception – An Intepretation of Stevie Wonder’s Songs, vede la supervisione finale di Stevie in persona in accoppiata con il produttore Kedar Massenburg, a dimostrazione dell’approvazione dell’opera da parte dell’autore stesso dei brani. L’album tiene bene il tempo pure negli episodi meno riusciti, dalla gentile, ma un poco priva di spinta “Rocket Love” dei Black Coffey, a “Love’s in Need of Love Today” dell’istrionico Dave Hollister, troppo ridondante e autoreferenziale anche se innovativa.
Certamente, pensando a quante grandi canzoni sono state scritte da questo artista immenso, rivoluzionario, geniale, e riflettendo sulle centinaia di rivisitazioni del suo songbook, potrebbe sminuirsi il valore di questa pubblicazione; tuttavia, rimane imperdibile per gli amanti di Wonder e, sfruttando la notorietà di alcuni dei personaggi coinvolti, potrebbe avvicinare chi non si è ancora lasciato trascinare dalle melodie uncinanti e dai virtuosismi mai fini a se stessi del songwriter americano, fra i giganti che hanno reso immortale la musica soul del secolo scorso.
«È di Stevie Wonder la prima musica spirituale non religiosa che io ricordi. Una musica importante per l’educazione e la cura della nostra gente nei momenti cruciali appena vissuti».
(India.Arie nelle liner notes di Conception – An Interpretation of Stevie Wonder’s Songs)