Uno degli aspetti della grande confusione in cui versa l’odierno mercato discografico riguarda le forme. Un tempo le cose erano molto chiare: c’era l’album vero e proprio e poi c’era l’EP, che era più corto nella durata e che serviva solitamente a due scopi: anticipare un nuovo disco di inediti (una formula molto usata in ambito Indie, quello per una band agli esordi di cominciare così la propria carriera) oppure completarlo in un momento successivo, aggiungendo brani rimasti fuori, cover, versioni live e cose così. Era un dinamica molto chiara anche per il pubblico: se un artista ti piaceva parecchio compravi anche i suoi EP, in alternativa ti limitavi ai dischi (con la conquista del mercato di massa da parte del cd le cose sono rimaste identiche).
Oggi, che lo streaming appare l’unico modo per fruire della musica, le distinzioni si sono attenuate al punto da scomparire. Che cos’è esattamente un EP? Un prodotto più corto da considerarsi in autonomia o in accompagnamento ad un’uscita più consistente, oppure un disco vero e proprio, che è costretto a durare poco a causa della perdita di attenzione da parte dell’ascoltatore e dal fatto che oggi il mercato è fondamentalmente appiattito sui singoli?
Ecco, un discorso così a Lorenzo Semprini non interessa. Lui è cresciuto in un’epoca in cui non era possibile dissociare la musica dal formato fisico; due elementi, contenitore e contenuto, che esistevano in contemporanea e si completavano a vicenda, di fatto una cosa sola.
Proprio per questo Come ossigeno è un EP vero e proprio e sempre per questo motivo non uscirà, almeno per il momento, sulle piattaforme streaming, ma sarà disponibile solo in edizione limitata (300 copie, se non vado errato). Una decisione che ultimamente sta divenendo sempre più scomoda e dannosa per gli artisti, ma che possiede un intrinseco significato di resistenza che, per quanto rischi di esaurirsi in un mero gesto romantico, è comunque necessario portare avanti in qualche modo.
Il programma è ricco: sette canzoni per poco più di venti minuti di musica, l’intento è quello di offrire una nuova prospettiva su 44, il lavoro che proprio un anno fa di questi tempi inaugurava l’avventura di Lorenzo Semprini al di fuori dell’ambito usale dei Miami & The Groovers e ne marcava anche la svolta linguistica, con l’uso in italiano nei testi.
I brani inediti sono due, entrambi già usciti come singoli nelle settimane precedenti: “12 anni” è up tempo allegro, con un’armonica molto incisiva e una tastiera che contribuisce a rendere ariosa l’atmosfera. Molto godibile, con un ritornello come sempre indovinato. La title track è invece più robusta, ha un piglio rock vagamente epico ed è forse quell’episodio che nella tracklist di 44 mancava, l’impressione è che avrebbe contributo a rendere più incisivo l’impatto del disco.
Non sono però solo questi gli elementi d’interesse e anzi, rispetto alla media degli EP, qui c’è davvero tanta carne al fuoco. Innanzitutto c’è un omaggio alle proprie radici: “Macchina usata” è la rilettura in italiano di “Used Cars”, classico minore (ma neanche troppo) di Bruce Springsteen, contenuto in Nebraska, mentre “Se mi guardi sono qui” si muove anch’essa sulla Jersey Turnpike, visto che va ad omaggiare i Gaslight Anthem, rifacendo in italiano uno dei pezzi del loro disco simbolo The ’59 Sound. Si tratta di due brani già eseguiti dal vivo, proposti qui in un arrangiamento scarno ma molto efficace, con il pianoforte a fungere da elemento principale e il violino a riempire gli spazi. Le traduzioni sono belle e rendono perfettamente lo spirito degli originali, la resa vocale è un po’ da rivedere (soprattutto nella seconda l’impressione è che abbia scelto una tonalità che non l’ha aiutato molto) ma probabilmente qui il confronto con gli originali pesa più di altri fattori.
Notevole poi l’inserimento di “Martha”, che non è quella di Tom Waits bensì quella di Brando, che forse alcuni di voi hanno in mente nelle vesti di produttore (ha lavorato, tra gli altri, con Emma Marrone e i Modà, in effetti non eravate tenuti a saperlo, visti i nomi). Negli anni ’90 ha pubblicato una manciata di dischi all’insegna di quel rock di ispirazione americana sui cui all’epoca le major stavano scommettendo (oltre a Ligabue c’erano in giro Massimo Priviero, i Negrita e i Rats, giusto per citare i più conosciuti) e questo brano, che non conoscevo per nulla, è veramente bello, Semprini lo fa suo in maniera brillante e gli offre anche una buona occasione per essere riscoperto.
A chiudere ci sono poi versioni diverse di due brani già ascoltati su 44: “Adrenalina”, scritta assieme a Daniele Tenca, si trasforma in una ballata crepuscolare che crea un singolare contrasto con l’originale ma che risulta essere meno scontata e decisamente più affascinante. “Una notte così” è invece molto simile, in un arrangiamento piano e voce che ne mette in risalto la notevole melodia.
Impossibile separare Come ossigeno dall’album di cui è completamento; in questo senso va inteso come un prodotto destinato ai fan, secondo il discorso che facevamo all’inizio. Detto questo, se qualcuno amasse il rock di scuola americana e volesse avvicinarsi al mondo di Semprini e dei Miami & The Groovers (che prima o poi torneranno col nuovo disco, immagino) potrà utilizzare queste sette canzoni come utile chiave d’accesso.