L’approdo a teatro viene visto dalla scena discografica attuale (italiana, of course) come un baluardo da conquistare, l’acme narrativa di carriere consumate tra club, palasport, stadi e live d’ogni foggia e maniera.
Per alcuni l’abbraccio del palcoscenico diventa un modo scenografico per mettere in scena la propria musica, lasciando che siano i chiaroscuri a disegnarla; per altri è invece l’occasione per raccogliere le idee ed entrare in contatto col proprio pubblico, e per taluni magari rappresenta lo svolazzo dopo carriere più mainstream finalmente inquadrate in una ritrovata autorialità.
È però surreale come, in certi casi, il teatro segni in qualche modo l’inizio di un progetto artistico, attraversandolo come un fil rouge per poi chiuderlo proprio dove tutto era (quasi) iniziato, come in un nietzschiano serpente dell’eterno ritorno.
Ad esempio Colapesce e Dimartino, cantautori siciliani (rispettivamente delle province di Siracusa e Palermo), hanno unito le loro forze cinque anni fa per iniziare un percorso congiunto che li ha portati a realizzare, nel 2020, il loro primo album a quattro mani intitolato I Mortali. Per quest’album era stato previsto un tour nei teatri che, purtroppo, fu funestato dal vento del Covid pronto a spazzare via piani e a sparigliare carte, sospingendo i due cantautori sul palco di Sanremo dove fecero breccia nell’immaginario mainstream grazie a "Musica Leggerissima", consacrando la loro fama presso il grande pubblico.
Un nuovo album di inediti (Lux Eterna Beach), un film (La primavera della mia vita) e infinite tournée (invernali, ma soprattutto estive) dopo, i due cantautori tornano proprio lì, sulle assi del palcoscenico, per un intimo tour nei teatri (tra Sud e Nord) nato per dire “arrivederci” al loro pubblico, prima di prendersi una pausa tornando ai propri progetti solisti.
Questi saluti malinconici sono accompagnati dall’uscita di un album che è poi il leitmotiv dell’intera operazione: Archi, Ottoni e Preoccupazioni ri-arrangia, infatti, il repertorio dei due cantautori in chiave sinfonica, grazie alla complicità d’ensemble di un’orchestra dal vivo (ogni volta diversa) diretta dal maestro Davide Rossi, che ha collaborato, tra gli altri, con Depeche Mode e Coldplay. Esecuzione rigorosamente live e arrangiamenti orchestrali impreziositi anche dalla presenza, al pianoforte, di Angelo Trabace per trasformare le brillanti malinconie che pervadono l’opera (leggera) di Colapesce e Dimartino in frammenti sinfonici d’autore eseguiti sui palchi dei teatri italiani.
Com’è successo al Petruzzelli di Bari, gioiello dell’architettura tradizionale “all’italiana” da poco restaurato e pronto a mostrare al pubblico il proprio volto migliore, tra stucchi avorio e velluto porpora: tra le sue forme sontuose sono risuonate le note dei successi più popolari firmati dai due cantautori, come "Sesso e Architettura" e le sanremesi "Splash" e "Musica Leggerissima"; ma c’è stato spazio anche per delle sad bangers preziose come "Majorana", "Innamorarsi Perdutamente Non è Mai un Affare", "Cose da pazzi" e "Toy Boy", per l’omaggio a Ivan Graziani con "I Marinai" oppure per “schegge impazzite” tratte direttamente dal loro primo album e che rispondono al nome di "Rosa e Olindo", "Il Prossimo Semestre" e "L’ultimo Giorno".
Singoli talvolta presenti nel loro repertorio live oppure tenuti più in ombra che si vestono di nuova luce nell’aria del teatro barese, complice l’atmosfera, l’ariosità del suono orchestrale che traghetta l’ascoltatore/spettatore in una dimensione “altra”, una bolla sospesa che fluttua in un non-luogo fatto di bellezza, innescando meccanismi emotivi che dialogano direttamente con le corde invisibili dei sentimenti.
Sarà anche perché certe canzoni sembrano nate per essere arrangiate da un’orchestra: lo dimostrano "30.000 euro" in apertura o "La luce che sfiora di taglio la spiaggia mise tutti d’accordo", con il suo titolo wertmulleriano. Suggestioni sonore che proiettano nel cuore di un mood anni ’60, direttamente nelle raffinate colonne sonore (d’autore) dei grandi compositori del cinema italiano, da Morricone passando per Bacalov, Ortolani e Piccioni; ma è anche quella sensazione nostalgica che attraversa "Sassi" di Gino Paoli e "La Voglia Matta" di Luciano Salce, rappresentazione perfetta della malinconia di fine estate, di una stagione finita e di un film al proprio crepuscolo sentimentale.
Ed è esattamente questa la sensazione che accompagna il concerto, con le prime piogge che arrivano e portano via, come mareggiata, le ultime tracce della spensieratezza della stagione più calda, accogliendone una nuova all’insegna della riflessione. E a consolidare questo effetto contribuiscono anche le due cover eseguite dal vivo, perfette per l’occasione perché si specchiano nella moltitudine complessa dei suoni dell’orchestra, tra suggestioni e chiaroscuri: da una parte c’è l’omaggio a Franco Battiato con "Povera Patria" (già portata all’Ariston nel 2021), dall’altra l’inedita versione di "Nati per vivere – Born to Live", brano di Marianne Faithfull adattato in italiano proprio dai due cantautori siciliani, all’anagrafe Lorenzo Urciullo (Colapesce) e Antonio Di Martino (Dimartino), che sanno bene come congedare il proprio pubblico tenendo intatta la magia, in un’atmosfera sospesa nella quale frammenti sinfonici volteggiano come pulviscolo nell’aria, alla ricerca di coni di luce da attraversare danzando.