Percy Fawcett, un uomo diviso.
Diviso tra l'amore per la sua famiglia, una moglie indipendente, e il voler elevare quella famiglia elevando il nome macchiato da un padre con colpe.
Diviso tra il voler vedere nascere e crescere i suoi figli, e voler scoprire il mondo, scoprire terre inesplorate e guadagnare fama e nobiltà ai loro occhi.
Diviso nell'essere un uomo bianco ma non nobile, e un uomo bianco, in mezzo a indigeni, che però li comprende.
Come non voler raccontare la sua storia?
Come non voler raccontare il mito e la leggenda di un uomo alla ricerca della sua El Dorado, di una civiltà perduta, persa nei misteri della Foresta Amazzonica ancora vergine, ancor tutta da scoprire per quell'uomo bianco che crede di conoscere tutto?
James Gray non ha saputo resistere, infatti, e la storia di Percy Fawcett, pur romanzandola, ce la racconta.
Peccato che condensarla si riveli una missione impossibile, più impossibile di quelle missioni che lo stesso Fawcett affrontò nella sua vita.
Una prima spedizione in Bolivia, per mappare i confini con il belligerante Brasile, malattie, natura selvaggia e uomini selvaggi a decimare i suoi uomini.
Una seconda per cercare quella civiltà perduta di cui cocci e statue, e dicerie sembrano confermare la presenza, e quegli uomini selvaggi che si scoprono più evoluti.
Una guerra, la I Mondiale, da combattere.
Una terza spedizione, di nuovo alla ricerca di quella città Z, di quell'ultimo tassello, da compiere assieme al primogenito, ossessionato come il padre.
Il materiale, è tanto, gli anni da coprire, pure, e il risultato non poteva che essere un film lungo, un film fiume, dal sapore dei vecchi film hollywoodiani volti alla scoperta, volti all'ossessione di un uomo e alle sue battaglie interiori, più che esteriori.
Se la lunghezza è messa in conto, non lo è però una sceneggiatura che scivola spesso e volentieri, che non sa mantenersi equilibrata e gioca carte facili per raccordare il racconto, per far interagire i personaggi e pure per metterci dentro temi di facile presa come il femminismo.
Si storce il naso e si sbadiglia, poi, quando il finale non arriva e una nuova missione inizia, senza i fasti funesti delle prime, come fosse una scampagnata.
Peccato, perchè le location, la fotografia invecchiata hanno il loro perchè, peccato soprattutto perchè Charlie Hunnam offre un'altra bella prova, in cui la sua bellezza riesce pure a passare in secondo piano, e pure Robert Pattinson, irriconoscibile, se la cava. I temi poi, quella sete di scoperta il fascino di una scoperta, di essere i primi, di conoscere e spingersi oltre, di abbracciare culture diverse, scoprirne il genio oltre che l'esistenza, il mito che si fa leggenda, riempiono di fascino un film che ha contenuto ma non forma, che non ha paletti troppo robusti a fare da fondamenta, e continuando a raccontare, finisce per crollare su se stesso.