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RE-LOUDDSTORIE DI ROCK
09/12/2024
Dr. John and the Lower 911
City That Care Forgot
Malcolm John Rebennack Jr, in arte Dr.John, è stato una leggenda musicale di New Orleans e non solo. Le sue gesta al piano, le sue doti di songwriter hanno lasciato un'impronta indelebile nel mondo rock. Riappropriamoci di uno dei suoi ultimi lavori, "City That Care Forgot", disco incazzato e politico quanto mai attuale.

“The KKK is all back in action

So you tell yo Miss Billie Holiday

The strange fruit of today

Ain’t hangin’ from no tree, layin’ on the ground

Left to rot right where they drowned

Like monuments to some slave's pride”

(Dr. John, “Dream Warrior”)

 

Dedicato alla città di New Orleans, City that Care Forgot è una celebrazione del suo spirito e un atto di accusa. Se da una parte Nola, il luogo ove la musica risuona ovunque, è speciale proprio per le differenze etniche, le medesime rimangono anche il suo problema più grande perché l'integrazione è difficile. Tutto è peggiorato nel 2005 dopo il disastro dell'uragano Katrina e il triste abbandono delle istituzioni, che hanno lasciato a se stesse le persone nel momento del bisogno, utilizzando solo il metodo della repressione in un periodo dove servivano aiuti materiali e spirituali.

Il succo del Dr.John lirico sta proprio in un'invettiva contro gli allora vertici dell'amministrazione Bush, accusati di manovre poco pulite in combutta con una multinazionale a loro collegata. La carenza di posti di lavoro sarebbe da addebitare a una politica basata solo sul denaro e sullo sfruttamento tramite la delocalizzazione, nella spietata ricerca di manodopera a basso costo, con la gente del luogo tagliata fuori.

 

«Lo spirito voodoo di Nola è la base su cui costruisco le mie canzoni»

(da intervista a Rolling Stone, 2015).

 

Veniamo ora alla parte musicale, anch'essa a tratti incazzosa e legata agli argomenti elencati. Per tutto City That Care Forgot, il mitico “Zu Zu Man” si fa accompagnare dagli instancabili Lower 911, gruppo composto da John Fold, David Barard e Herman Ernest III, ma non mancano contributi di pregiati session man e artisti famosi.

L’opener “Keep On Goin’” apre magnificamente le danze, grazie al suo ritornello corale così marcatamente black e il rigoglioso accompagnamento di fiati con il sontuoso arrangiamento di Wardell Quezuergue, una pura gioia per le orecchie.

In “Time for a Change”, un solido r&b con ritmiche sgargianti e un’altra ottima sezione ottoni, fa capolino il primo ospite, Eric Clapton, il quale impreziosisce con assoli brevi, tuttavia ficcanti, pure la blueseggiante, tiratissima title track, in compagnia di Ani DiFranco, e “Stripped Away”, un funky spinto ai massimi livelli.

“Promises, Promises”, un pezzo di Bobby Charles di anni prima, ma dalle liriche strettamente attuali, vede la comparsata di Willie Nelson, mentre “You Might Be Surprised” si arricchisce degli archi (The Creodelphic Strings), prima di arrivare a quel piccolo capolavoro di “Dream Warrior”, un ritorno alle sonorità giovanili di Gris Gris, il rovente debutto del 1968. Il brano è un oscuro swamp rock dall’andatura sincopata, un voodoo blues come ai vecchi tempi.

 

“If you really wanna know what this

War is all about…

…about black gold Politicians

Sell our souls

For a taste of that black gold”

(Dr. John, “Black Gold”)

 

Non solo Nola, ma, rimanendo comunque in argomenti direttamente correlati alla politica, Dr. John in “Black Gold” analizza anche la guerra in Iraq, specificando con grande chiarezza quanto le motivazioni siano sempre le stesse a causare un conflitto, ovvero la sete di potere, in tal caso la sete per quell’oro nero, il petrolio, che spinge il suo Paese a intromettersi nelle vicende di altri Stati. Una situazione quanto mai contingente, che si riflette pure negli attacchi, e qui torniamo alla difesa di New Orleans, di “Say Whut” e “We Gettin’ There”, funk pigro ben sostenuto da un piano elettrico e la tromba di Terence Blanchard (presente anche in “Land Grab”) a svisare in lungo e in largo con la solita raffinatezza.

 

«Nel mio album del 2008, City That Care Forgot, c'è una canzone intitolata “My People Need a Second Line”. Penso che all’epoca del disastro di Katrina avrebbero dovuto consentire alla gente di partecipare alle marce funebri per ricordare tutte le persone che non sono più tra noi».

(da intervista a Rolling Stone, 2015).

 

“My People Need a Second Line” è una spettacolare traccia di musica con un inizio lento, un incipit dolente, atto a raffigurare il dolore di chi ha perso i propri cari. Il pezzo poi si apre improvvisamente al classico stile gioioso del Dixieland per alleviare lo spirito dei sofferenti e si rifà all’importanza, per i cittadini di questo luogo così speciale, delle bande che accompagnano i funerali. Un tripudio di fiati, capitanati dai rinomati fratelli James “12” Andrews e Troy “Trombone Shorty” Andrews, risuona nel commovente finale e spalanca le porte alla conclusiva “Save Our Wetlands”, perfetta chiusura con ospite Terrace Simien, pregiato artista zydeco.

Il brano è un altro momento caldo dell’opera, posto non a caso al termine del disco, ove John si affida infine a Dio, implorando misericordia per quelle terre bagnate ed evocando il potere salvifico e curatore della musica, “We got music to heal the heart, save our wetlands…save us from the storms”.

 

Dr. John ci ha lasciato nel Giugno 2019 improvvisamente, a causa di un maledetto infarto, lasciando un vuoto incolmabile. Rimangono la sua sterminata discografia, le sue comparsate in show televisivi e film di culto quali The Last Waltz e Blues Brothers 2000 a testimoniare l’arte di uno dei più grandi pianisti r&b di tutti i tempi, di un apprezzato songwriter che ha saputo mettersi in prima linea in difesa dei perdenti, come questo bellissimo City That Care Forgot certifica.