L’avete visto La La Land? Beh, se non l’avete ancora fatto, il consiglio è di recuperarlo, perché il film, datato 2016, è decisamente bello. Preparate i fazzoletti, però: quella che viene raccontata da Damien Chazelle è la storia agro dolce dell’amore fra un’aspirante attrice, Mia, interpretata da Emma Stone, e un musicista jazz, Sebastian, interpretato da Ryan Gosling, che s’incontrano per caso a Los Angeles e s’innamorano. Non vi raccontiamo il finale, tranquilli, ma sappiate che la pellicola, che omaggia i musical anni ’50 e ’60, è recitata benissimo, si avvale di una regia che non disdegna momenti di funambolismo tecnico (l’iniziale sequenza in autostrada) ed è attraversata da una colonna sonora che non può certo lasciare indifferenti.
Tra le tante belle canzoni, la parte del leone la fa City Of Stars, che agli Oscar del 2017, ha vinto la statuette per la miglior canzone originale. Il brano fu composto e orchestrato da Justin Hurwitz che nusicò il testo scritto da Benj Pasek e Justin Paul.
Hurwitz, incaricato della colonna sonora dallo stesso Chazelle, compose il brano al pianoforte, suonando e risuonando la stessa melodia, fino a quanto la medesima non era così perfettamente levigata, che ne mandò una demo al regista. L’approccio fu esclusivamente emozionale, ciò che importava al musicista era solo riuscire a trovare una sequenza di note che si adattasse perfettamente a una storia d’amore altalenante, che vive momenti di felicità e altri decisamente più dolorosi. Il mood è, quindi, ambivalente, sempre in bilico fra speranza e malinconia, risultato, questo, che Hurwitz raggiunse alternando accordi in maggiore ad altri in minore, in modo da rendere perfettamente tutte le sfaccettature del rapporto fra Mia e Sebastian, e aggiungendovi sfumate inflessioni jazz, che ben si adattassero alla passione musicale del personaggio interpretato da Gosling.
La canzone compare per ben tre volte nel film: la prima è cantata come solista da Sebastian, la seconda è un toccante duetto fra i due innamorati, e la terza volta, nel finale, la melodia è canticchiata da Emma Stone. La scelta è ovviamente voluta, e deriva dalla suggestione di voler trasmettere all’ascoltatore l’emozione della stessa melodia, interpretata, però, attraverso sensibilità diverse fra loro. Comunque sia, il groppo in gola è assicurato.
Tra l’altro, sia la Stone che Gosling rifiutarono di registrare la loro prova vocale in studio, evitando così di falsare l’interpretazione con artifici che avrebbero potuto attenuare il pathos del momento, e scelsero, coraggiosamente, di cantare le loro parti vocali direttamente sul set, sincronizzandosi attraverso gli sguardi. Con l’unica eccezione, però, delle parti fischiettate: Gosling, infatti, non è capace di fischiare, e quindi dell’incombenza si fece carico lo stesso Hurwitz. Inoltre, l’attore, si impuntò per utilizzare un tono bassissimo per il suo cantato, mettendo in difficoltà il compositore che, seppur brontolando, decise alla fine di affidarsi all’istinto dell’attore. Che ebbe ragione: la canzone, come detto, vinse sia l’Oscar che il Golden Globe. Hurwitz, dal canto suo si portò a casa la statuetta per la miglior colonna sonora.