Si abbassano le luci, i musicisti accordano per un ultima volta gli strumenti, il sipario si apre: i lustrini dell’orchestra scintillano, mentre sornioni, una tromba, una batteria spazzolata e una melodia demodè per pianoforte, danno inizio a "Chloè", brano di apertura di Chloe and the Next 20th Century, quinto album a firma Father John Misty. Il ritmo swing della canzone è corroborato da una sezione orchestrale ampia e avvolgente, mentre il songwriter americano si mette in posa, pronunciando le liriche con un’inflessione giocosa, che fa pensare a Judy Garland, a Broadway, alle luci della ribalta.
Una sorpresa solo apparente, perché in fin dei conti, Father John Misty, al secolo Joshua Tillman, ha sempre amato e messo in luce, in forme diverse, questo tipo di intensità teatrale, approntando un percorso musicale vario, ricco e sfarzoso, troppo lussureggiante per essere rinchiuso, come spesso è stato fatto, nel recinto stretto della definizione indie folk.
Durante i suoi dieci anni di carriera come FJM, la visione musicale di Tillman è, infatti, sbocciata nelle fattezze di un’orchidea selvaggia, il cui profumo stordente ha invaghito quasi alla follia il panorama alternative, soprattutto con lo splendido, e forse inarrivabile, "I Love You, Honeybear" del 2015, l'ode meravigliosa di un uomo alla donna che ama, i cui arrangiamenti coraggiosi e stravaganti, ne fecero una sorta di colonna sonora sul romanticismo degli anni ’00 e sulla fragilità dell’essere umano di fronte a sentimenti più grandi di lui.
Una visione musicale ricca e non sempre immediatamente classificabile, che si riversa, oggi, in Chloe and the Next 20th Century, un disco che, oltre all’iniziale flirt con le atmosfere di Broadway, funge da contenitore dei molteplici stili e suoni esplorati dal cantante nei suoi precedenti lavori: non, dunque, un disco in cui Father John Mistry si rinnova, salvo qualche momento più sperimentale, ma una summa del suo sapere artistico e della sua emotiva espressività, incapace di essere univoca, ma tanto disinibita da giocare con l’ascoltatore, immergendolo in atmosfere vivide e vibranti, in cui oscurità e colori, grandeur e intimismo, sono un tutt’uno.
Ecco, allora, le atmosfere da musical del singolo "Funny Girl", arrangiata in modo voluttuoso (che meraviglia quel violino!), l’andamento sognante e sixties di Q4, il cui lo straniante suono di un clavicembalo apre a una pungente polemica contro le case discografiche, che guardano più al trimestre finanziario che non all’arte, le pose da crooner romantico in "(Everything But) Her Love", la dolcezza riverberata di "Kiss Me (I Loved You)", malinconico racconto di un amore finito, o la ballad in quota americana della nostalgica "Goodbye Mr. Blue", che evoca sonorità alla Harry Nilsson, proponendo una scrittura più disadorna ma non meno efficace.
E se non bastasse, in questo fascinoso caleidoscopio musicale, c’è spazio anche per la cupa tensione che attraversa, insieme alle scariche di una chitarra elettrica distorta, la conclusiva "The Next 20th Century", e per la bossanova piaciona di "Olvidado (Otro Momento)", perfetto esempio di come niente in questo album finisca esattamente dove te lo aspetteresti, incluso l'artista, in continua evoluzione, che lo ha realizzato.