È stata una bella estate per Chiamamifaro, tra l’uscita di Post Nostalgia e le date in giro per l’Italia, comprese quelle in apertura ai Punguini Tattici Nucleari, che le hanno permesso di arrivare ad un pubblico ben più vasto del suo. Il disco di debutto ha del resto messo in luce il talento di Angelica Gori in sede di scrittura, andando se possibile a migliorare ciò che di buono avevamo intravisto nell’EP d’esordio Macchie, pubblicato esattamente un anno prima.
Personalmente ero curioso di vederla dal vivo, dato che le sue canzoni hanno accompagnato anche la mia estate, nel ruolo di piacevolissimo guilty pleasure (ne scrissi qui a suo tempo) e la data della Latteria Molloy, ultima in assoluto prima di ricaricare le pile in vista del prossimo disco, ha rappresentato l’occasione migliore.
Brescia e Bergamo, si sa, non si possono vedere. Al di là della rivalità calcistica (oggetto persino di un documentario della BBC, non molti anni fa), l’astio tra le due città fa parte di quel complesso sistema di campanilismo municipale che è conseguenza della nostra storia particolare e che chi ci guarda da fuori difficilmente riesce a capire.
Lei la risolve in scioltezza e con un pizzico di ironia: ad un certo punto della serata, introducendo “Marianna”, uno dei brani più radicati nel paesaggio sentimentale della sua città, chiede ai presenti in quanti siano di Brescia e in quanti arrivino invece da Bergamo. Il boato dei secondi sovrasta radicalmente i primi e si è capito chi avrebbe comandato la serata.
Al di là di questi siparietti, l’affluenza registrata è stata senza dubbio soddisfacente. Certo, come al solito occorre registrare come sia arrivata molta più gente per il dj set post concerto di “Orgasmo Party”, segno inequivocabile che per l’italiano medio la musica dal vivo è solo un’antipatica scocciatura. Detto questo, la buona risposta di pubblico a questa data, con qualche centinaio di fan entusiasti a cantare in coro tutti i brani, ha chiarito che il progetto Chiamamifaro è sufficientemente solido e che non brilla affatto della luce riflessa di Riccardo Zanotti.
In apertura c’è stato YTAM, anche lui bergamasco, che ha da poco esordito con l’EP Drama Compilation, anche questo uscito a giugno. Sul palco sono in tre, chitarra, batteria e voce, con il basso in base, assieme a qualche elemento di elettronica. Le canzoni non sono male, lui tiene il palco discretamente e nel complesso ne esce fuori un live divertente. Certo, si può discutere sulla proposta, che è sempre la solita declinazione Urban del rock più classico e chitarristico, già abbondantemente portata avanti dai vari Achille Lauro, Naska, Chiello e più recentemente abbracciata anche da Rkomi. Difficile che vada da qualche parte, personalmente non ho visto nessun elemento che lo renda in grado di emergere in un mercato sempre più saturo.
Angelica e la sua band salgono sul palco alle 22 spaccate e attaccano “Diventare grandi”, ultima traccia di Post Nostalgia e, per quanto mi riguarda, anche la meno interessante; non un gran modo di iniziare un concerto, anche se posso aver capito la scelta di non caricare subito i BPM. Con la successiva “Paradossi” si comincia finalmente a carburare ma allo stesso tempo i punti deboli vengono a galla. La band, diciamolo senza mezzi termini e speriamo che non si offenda nessuno, non è un granché: Alessandro “Belots” Bellotti alla chitarra, Filippo Caretti al basso, Pierfrancesco Pasini alle tastiere ed Emanuele Tosoni alla batteria sono molto affiatati, sono amici e si divertono tantissimo, questo è innegabile ed è alquanto positivo. Quel che non funziona è proprio la resa generale: gli arrangiamenti sono piatti ed eccessivamente semplici, pur essendo in quattro il suono non è mai pieno come dovrebbe, ho apprezzato la scelta di non mettere praticamente nulla in base ma se suoni canzoni così ben prodotte come queste, qualcosa ti devi pur inventare. L’effetto complessivo invece è quello di un gruppo che prova per la prima volta i pezzi in uno scantinato, li suona così come sono, giusto per iniziare, e non perde troppo tempo ad escogitare soluzioni per farle rende al meglio. Oltretutto, proprio negli episodi più tirati e coinvolgenti, quelli dove bisognerebbe saltare, cantare e lasciarsi trasportare dalla melodia, mi è parso che abbiano tirato il freno a mano, una sensazione di “manca qualcosa” che non mi ha mai del tutto abbandonato.
Angelica, dal canto suo, fa il suo abbastanza bene, soprattutto per quanto riguarda la prova vocale. L’avevo già detto in sede di recensione: questa ragazza ha dimostrato che, anche se pare non andare più di moda, saper cantare o no fa ancora la differenza, per cui fa piacere constatare come anche dal vivo se la cavi egregiamente (ogni tanto si perde qualche parola e a tratti sembra fin troppo ansiosa di far cantare il pubblico, ma sono dettagli).
Quel che funziona poco è la presenza scenica: proprio perché i numeri ce li ha, avrei voluto vederla più padrona del palco; pur se all’interno di un atteggiamento disinvolto, è apparsa il più delle volte impacciata, e anche il suo parlare tra un pezzo e l’altro ha avuto l’effetto di rendere poco scorrevole il concerto. Certo, la sua spontaneità è contagiosa e il fatto che manifestasse così tanta contentezza per la risposta del pubblico ce l’ha resa simpatica ma anche, indirettamente, un po’ insicura. Per adesso, essendo agli inizi, può anche andar bene così, ma nel prosieguo sarà necessario lavorare molto di più sulla qualità e sulla solidità del live.
I presenti, ad ogni modo, di tutto questo non si sono accorti: per tutta l’ora che è durato il concerto la risposta è stata entusiasta, complice anche una scaletta che ha presentato tutti i pezzi da lei incisi (sono mancati solo “Terremoto” e “Limiti”, quest’ultima è stata richiesta e ha detto che l’avrebbe suonata dopo in qualche modo, a quelli che sarebbero rimasti, chissà se poi l’ha fatto davvero), compresi ovviamente i singoli di maggior successo come “Pioggia di CBD” e “Metaverso” (che è stata suonata addirittura due volte, la seconda come bis), nonché le primissime cose come “Pasta rossa”, “Londra” e ovviamente “Bistrot”. Nel finale è arrivata una discreta versione di “Sottacqua”, senza il contributo di Nelson dei Rovere ma comunque abbastanza tirata da far saltare tutti.
Chiamamifaro ha i pezzi e Post Nostalgia lo ha ampiamente dimostrato. Se riuscirà anche a lavorare sulle criticità in sede live non potrà che guadagnarci.