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REVIEWSLE RECENSIONI
Chasm
When Waves Collide
2021  (Antigony Records)
EXPERIMENTAL/AVANT-GARDE ALTERNATIVE ROCK
8/10
all REVIEWS
18/05/2021
When Waves Collide
Chasm
La storia di una civiltà sull’orlo del collasso, raccontata con poetica maestria in soli 29 minuti di post rock interamente strumentale. A voi i When Waves Collide: spegnete le luci, chiudete gli occhi e fate buon viaggio.

Chi lo dice che servono le parole per poter raccontare una storia? A volte, se si è sensibili a sufficienza e se si sa masticare e manipolare le note come lettere di una diversa grammatica, una storia la si può narrare anche solo con il suono. Questo è quello che hanno fatto i When Waves Collide con il loro primo album, Chasm.

In soli 29 minuti questa giovane band parigina, formatasi solo nel 2017, ci regala un viaggio lieve, sognante, denso, atmosferico e sì, quasi intergalattico, che si snoda attraverso sei tracce elettriche ed eleganti.

Chasm è il racconto di una civiltà sull’orlo del collasso, destinata a cadere in una faglia di cui non si vede il fondo, oscura come il vuoto siderale da cui è circondata e che sente al tempo stesso anche nell’animo. Da principio si cade, poi si esplora quasi stupiti i cataclismi in cui si è avviluppati, sopravvivendovi forse più per fortuna che per merito, per arrivare quindi a pregare per qualche aiuto. I presagi si affastellano, incerti se essere verità o incubi, e il percorso si snoda dinnanzi inevitabile ma al tempo stesso lucente.

Se con occhi umani è inferno, su una scala più ampia quel collasso è poesia: l’eleganza delle forze, la geometria impossibile che si dipana fulgida dinnanzi a occhi indegni, l’abbraccio del caos, che rivela la sua ineluttabile bellezza entropica. Una danza universale da cui non c’è scampo, in cui non si può che restare ammaliati dalla raffinata e spietata grazia dei suoi movimenti. La disumana purezza delle leggi del cosmo, a cui siamo inestricabilmente legati come immaginifiche marionette, dall’abisso del baratro in cui stiamo cadendo sino alle stelle a cui stiamo guardando e a cui, prima o poi, torneremo.

Di Chasm si potrebbero dire molte cose umane: dire che è stato ispirato dalla vita di tutti i giorni, ma che si è ritrovato subito ad essere una storia universale, plasmandosi quasi da sé nella scelta dei suoi pezzi, che sono solo sei perché le altre tracce che erano state composte si sono come autonomamente rifiutate di coesistere con le prescelte, le quali raccontavano tutto già da sé, senza la necessità di ulteriori orpelli.

Si potrebbe dire che è un album quasi per metà italiano, perché il principale ingegnere del suono, dedito a mixaggio e masterizzazione dell’album, è napoletano come il batterista, ed è nella città partenopea che sono state registrate le batterie, terminando poi tutto il resto a Parigi.

Si potrebbe dire ancora che la produzione è perfetta, così come la dolcezza con cui ogni traccia scivola sull’altra, amalgamandosi e fondendosi in un tutto quasi catartico, complesso e sapiente, teso e onirico, algido e al tempo stesso ricco di luce.

Ma, in fondo, perché dire cose umane, quando il risultato non lo è più? Sin dalla prima traccia si sperimenta una meditativa simbiosi con una trascendenza cosmica, verso cui si viene sospinti nota dopo nota, brano dopo brano, capitolo dopo capitolo di un viaggio che, per quanto nato dall’elegia del collasso, non può che portare a rimirar stelle e galassie. La caduta di una civiltà e il suo volgersi, perduta e disperata, alla maestosa immanenza dell’universo, di cui non può che cogliere la brutale bellezza e accettare l’inequivocabile appartenenza.


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