Quando ho visto per la prima volta Clairo dal vivo era in apertura a Phoebe Bridgers e ricordo di essermi stupito nel vedere quanti dei giovani spettatori presenti al Carroponte quella sera fossero lì anche per lei. Del resto gli esordi, con le canzoni caricate su SoundCloud ed il disco di debutto Immunity (qui la nostra recensione) a rappresentare un perfetto esempio di Chamber Pop, si accordavano abbastanza con il profilo di un’artista che può piacere a quel tipo di pubblico.
Adesso però è arrivato Charm, che a sua volta può apparire come una naturale evoluzione del precedente Sling, di tre anni fa (qui il nostro articolo). E se è vero che tra le sue primissime cover postate online c’era anche “Sea of Love” di Phil Phillips (nella versione di Cat Power, però) è altrettanto vero che la metamorfosi sonora riscontrabile in queste nuove canzoni è abbastanza radicale; vero che già in Sling erano ravvisabili certi tentativi di smarcarsi dal Pop adolescenziale degli esordi, però su quel disco c’era Jack Antonoff, uno che sa bene come scalare le classifiche.
A questo giro, invece, Claire Cottrill ha chiamato Leon Michels, famoso per i suoi lavori in ambito Soul, ha reclutato un gruppo di musicisti la maggior parte dei quali provenienti dalla Menahan Street Band, un ensemble strumentale attivo nella zona di Brooklyn, e li ha messi a suonare sulle nuove canzoni, rendendoli liberi di fare ciò che più desideravano. Sotto la sapiente guida di Michels (il quale, comunque, ha dichiarato di non aver mai lavorato con un’artista più certa di lei su ciò che voglia ottenere) hanno suonato quasi tutto dal vivo e sono stati registrati in analogico, dando a Charm un calore non riscontrabile nei due precedenti lavori.
A 25 anni, dunque, Claire Cottrill ha realizzato il suo disco più adulto, un lavoro che guarda alla tradizione Jazz e Soul, piuttosto che a quella del Pop da classifica, che non fa più uso dell’elettronica, bensì di fiati ed archi per abbellire i pezzi. Una svolta coraggiosa, per certi versi prevedibile, che potrebbe senza dubbio aprire nuovi orizzonti ma che, allo stesso tempo, non è detto che la allontani dai suoi vecchi fan (in America soprattutto, certi suoni stanno vivendo una sorta di seconda giovinezza).
Charm prende le mosse dalla sinusite avuta alla fine dell’ultimo tour, e da alcune collaborazioni con Phoenix e Beabadoobee, nonché da alcuni singoli caricati su Bandcamp a scopo benefico. Alla base del concept principale c’è la scoperta che essere amati e desiderati è un’esigenza ineliminabile, anche se sei famosa e la tentazione sarebbe quella di non avere bisogno di nessuno.
“Sexy to Someone”, unico singolo estratto prima dell’uscita del disco (anche questa è una scelta interessante, dal sapore decisamente retro) parla proprio di questo e lo comunica attraverso un ritornello orecchiabile ed un ritmo leggermente Up beat (una delle poche eccezioni, in un disco decisamente down tempo), con un piacevole arrangiamento di piano e flauto.
In generale, Charm appare più omogeneo e convincente di Sling, più sicuro della direzione in cui muoversi, più coerente nelle sue scelte stilistiche. Non mancano momenti di immediatezza (“Nomad”, “Slow Dance”, “Thank you” hanno melodie vocali decisamente immediate) ma nella gran parte dei momenti il focus è rappresentato dalle atmosfere e dagli arrangiamenti: in “Terrapin”, soprattutto, sembra che Claire voglia lasciare l’iniziativa alla band, che infatti si cimenta in un notevole accompagnamento dal sapore Jazz, su cui la sua voce si appoggia sicura; in “Juna” i fiati e il pianoforte fanno un gran lavoro e ammantano il pezzo di un retrogusto Soul davvero piacevole; stessa cosa in “Add my Love”, anche se i ritmi si alzano leggermente.
Altrove ci sono invece reminiscenze del passato: “Echo” ha un gusto Lo Fi e vagamente spettrale, dato anche dal tappeto di Synth; “Pier 4” nasce acustica, per sola chitarra, e per un attimo sembra di intravedere i singoli di esordio, con anche un qualcosa della malinconia agrodolce di Billie Eilish.
Non si grida al capolavoro, anche perché tante cose sono fin troppo inserite in un trend stilistico imperante, ma è comunque un disco convincente, che ci fa ritrovare un’artista ispirata e consapevole, forse ora in grado di arrivare anche ad un pubblico più diversificato rispetto al solito.