Neil Young sta scavando nei suoi archivi già da un po' di tempo, e continua a rilasciare pubblicazioni goduriosissime per i suoi numerosi fan. Con questo Carnegie Hall 1970, zio Neil dà vita e apre ufficialmente le The Neil Young Official Bootleg Series, e, si può affermare senza rischio di cadere in errore, che partenza non poteva essere migliore.
Il 4 dicembre 1970, Young tenne due spettacoli acustici come solista alla Carnegie Hall, il secondo dei quali da tempo circola sotto forma di registrazione pirata, mentre lo show della prima serata è rimasto inedito fino a ora. Lo stesso Young e l'ingegnere, Niko Bolas, hanno messo mano e mixato questa registrazione vecchia di 50 anni, che rivive oggi in tutta la sua folgorante bellezza, grazie a una prestazione stellare del cantautore canadese.
Ai tempi, Young era nel bel mezzo di uno dei picchi creativi della sua carriera, aveva pubblicato Everybody Knows This Is Nowhere l'anno precedente e After the Gold Rush pochi mesi prima, mentre Harvest aspettava proprio dietro l'angolo. Stava, inoltre, uscendo da un periodo fruttuoso, ma assai caotico, con il progetto Crosby, Stills, Nash & Young, e aveva un'abbondanza di composizioni nuove a dir poco impressionante.
Per il suo spettacolo alla Carnegie Hall, Young ha pescato il meglio di questo materiale per dar vita a una scaletta da leccarsi i baffi.
Il concerto, per dire, si apre con "Down By The River" e "Cinnamon Girl", due brani dall’impianto rock, che Young ripropone in veste cantautoriale, a tratti quasi onirica: non ci sono i Crazy Horse eppure il livello di energia nell’aria è quasi fisicamente palpabile, dalla prima all’ultima canzone.
Giova ricordare che, meno di due mesi dopo, Young avrebbe registrato il leggendario Live at Massey Hall 1971, e quell'album è l’ovvio termine di paragone con cui misurare questa performance, che, sotto il profilo del mero contenuto, presenta più canzoni, e che sembra, sopratutto, animata da un maggior entusiasmo, forse perché Neil non aveva ancora subito l'infortunio alla schiena, che lo avrebbe fatto penare l'anno successivo. Il concerto è poi animato dal consueto umorismo e dall’interplay con il pubblico (Neil, ad esempio, scherza su come tutti applaudano per le sue introduzioni al pianoforte, anche se non suona molto bene) e dalla proposizione di una scaletta che sovverte l’ovvio, pur funzionando benissimo (la scelta, ad esempio, di chiudere con "See the Sky About to Rain" e "Dance Dance Dance", due brani, ai tempi, praticamente sconosciuti, invece di eseguire, come fanno tutti, quelli più amati dai fan).
Un concerto, questo, che si affianca a Massey Hall e Live at the Cellar Door, per una fotografia esaustiva, o quasi, di uno dei momenti più decisivi della carriera di Young. Questa pesca continua da archivi, che sembrano davvero, essere un pozzo senza fondo, poteva contenere il rischio di sovrabbondanza, di pubblicazioni “gemelle”, o sostanzialmente inutili o di scarsa qualità. Invece, Carnegie Hall 1970 possiede una sua peculiarità imprescindibile, un elevato standard qualitativo del suono e una performance da annoverare tra le migliori mai ascoltate. Per cui, va benissimo che Young tenga i rubinetti aperti e continui a pubblicare, non importa se sotto la dicitura Archives Performance Series, Official Bootlegs o qualcos'altro, purchè la bellezza della proposta si mantenga a questi livelli.
Per i fan, un disco assolutamente imperdibile.