Potremmo riempire centinaia di pagine raccontando storie di artisti e gruppi politicamente schierati. In Inghilterra, per citarne alcuni, stavano sulle barricate i Gang Of Four, i Pop Group, Paul Weller e il collettivo Red Wedge, Tom Robinson, che battagliava per i diritti della comunità gay e contro gli abusi della polizia britannica, e Billy Bragg; per quanto riguarda gli States, invece, meritano una citazione i censuratissimi MC5, i Dead Kennedys e alcuni gruppi contigui all’area nu-metal quali i Rage Against The Machine e i System Of A Down. Perfino in Italia, paese che non ha una grande tradizione di musica di protesta, vi sono artisti apertamente schierate a sinistra: basti pensare, infatti, alla Gang, a I Fratelli Di Soledad, a Daniele Silvestri e ai napoletani 99 Posse. Stupisce un po’ di più, invece, che certa musica barricadera, antiliberista e anticapitalista, arrivi dalla fredda e compassata Svezia. A farsi portabandiera di un rock militante e politicizzato sono i The (International) Noise Conspiracy, band di garage-punk, formatasi a Umea nel 1998 e scioltisi nel 2009, con all’attivo cinque album in studio. I modelli di riferimento del combo svedese, basta un rapido ascolto per comprenderlo, derivano esplicitamente da grandi gruppi del passato, quali gli Stogees e i Ramones. Niente quindi di particolarmente significativo da un punto di vista squisitamente musicale. Più innovativo è semmai il contenuto testuale delle canzoni, non tanto perché quasi tutte incentrate sull’ideologia marxista e comunista, quanto piuttosto per essere diventate, nel corso degli anni, veri e propri manifesti ideologici del movimento no global. Capitalism Stole My Verginity (la trovate nell’EP del 2001 che porta il titolo della canzone), il loro brano più noto e significativo, nasce proprio dalla partecipazione alle manifestazioni contro il G8 del 2001 (nello specifico, quella di Goteborg). Lo dice chiaramente Dennis Lyxzen, cantante e leader del gruppo: “…Quando siamo tornati in studio, avevamo fatto il pieno di energia…Siamo stati veramente ispirati da questa ondata globale di resistenza e il nostro disco è interamente dedicato a chiunque là fuori si stia adoperando per fare una rivoluzione. Vorremmo che ne fosse la colonna sonora “. Da questo punto di vista il testo è chiarissimo e non può dar luogo a fraintendimenti: “Privati dei nostri cuori sanguinanti, infrante le nostre illusioni, tutte spezzate/ Ma ora siamo disillusi e non abbiamo paura di abbattere questa cultura che odiamo / Siamo stanchi di non essere niente, quando invece dovremmo essere tutto / E sulla fronte di ogni piccola prostituta c’è una scritta che dice: Baby, siamo tutti nati per morire / Disgustoso, sgradevole e meschino! “. Gli The (International) Noise Conspiracy, tuttavia, non si sono limitati a scrivere un testo diretto e incendiario sulle note di un eccitante e dinamico garage soul, ma hanno provato anche a coinvolgere l’ascoltatore in un percorso attraverso l’ideologia no global, a convincere cioè la coscienza degli ascoltatori proponendo letture di formazione. In calce alla canzone, infatti, vengono citati tre libri: La Società dello Spettacolo di Guy Debord (il padre del situazionismo, scrittore e regista francese morto nel 1994), King Mob Echo di Tom Vague e The Autobiography Of James Carr, autobiografia carceraria di un membro delle Black Panthers. Non solo. Sul booklet dell’album compare anche un breve saggio dal titolo The Global Fear Factory scritto dagli stessi “cospiratori”. Se non è militanza questa…