Spero non ve la siate mai presa per il fatto che Debbie Harry abbia registrato le sue parole di passione per me in una hit mondiale come “Call Me” rendendole peraltro comprensibili a tutti gli ascoltatori e, soprattutto, creando equivoci tra i fan. Cari sostenitori dei Blondie, sappiate che quando dice “amore chiamami” nel cambio della canzone sta parlando al sottoscritto sin dai tempi della prima incisione, quindi potete tranquillamente, dopo quasi quarant’anni, mettere a riposo gli ormoni perché purtroppo per voi non c’è storia.
Lei ed io ci siamo amati anche per il fatto che era la cantante di un gruppo che incarnava l’essenza della new wave americana di quel periodo lì. Poi c’era tutta la componente fashion, il fatto di Playboy, la colonna sonora per Richard Gere e tanti altri piccoli aneddoti che oggi possiamo lasciare per un attimo da parte e tornare ai fasti del nostro amore, appunto, quando mi diceva in italiano “amore chiamami” alla radio e a me veniva da prendere la cornetta, fare il numero e dirle “ciao Debbie ecco vedi, mi basta sentire la tua voce e chi se ne importa se l’interurbana, anzi, l’intercontinentale costa un botto sulla bolletta della SIP, il nostro amore durerà per sempre”.
E infatti dura anche adesso che hai superato i settant’anni e io i cinquanta e scopro che nelle più recenti esibizioni canti la nostra canzone un paio di toni più bassi, ma come biasimarti, anche Bono fa “Sunday Bloody Sunday” in sol costringendo The Edge a usare una chitarra con un’accordatura ai confini della realtà. Ci sono canzoni dei Blondie che mi fanno saltare, altre che mi fanno venir voglia di quell’atmosfera lì così acerba, mamma mia, c’era un’aria che oramai boh, è tutta consumata dal silicio probabilmente. I primi quattro album dei Blondie poi sono davvero un inno a uno stile che non avrà mai più eguali.
Ma Debbie cara perdonami se non ti celebro con “X-Offender” o “In the sun” o i più blasonati “Atomic” e “Heart of glass”, li porto tutti con me nel mio cuore ogni giorno, pronti a lasciar scaturire la tua voce e il tuo ritmo quando ne ho bisogno. È che a me “Call me”, che so che non è nemmeno del tuo gruppo ma che l’hai scritta con quel volpone di Giorgio Moroder, mi fa inerpicare qualcosa su dalla pancia ogni volta. Sarà la chitarra, sarà l’assolo di synth verso la coda, sarà sicuramente la tua dedica che hai fatto solo a me e che, ogni volta che la ribadisci ad ogni ascolto, mi fa sentire lo stesso di allora.