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SPEAKER'S CORNERA RUOTA LIBERA
22/10/2024
Live Report
Calibro 35, 21/10/2024, Teatro Dal Verme, Milano
Lo spettacolo dei Calibro 35 al Teatro Dal Verme è un'anteprima assoluta: dall'ultimo EP, alle esecuzioni inedite fino alle riletture del vecchio repertorio, tutte suonate entro una cornice dall'acustica perfetta per una performance che lo è ancor di più. Il progetto Jazzploitation ha qui avuto il suo culmine e questa è la cronaca della serata.

Ogni riferimento a generi esistenti è puramente casuale”.

Così, più o meno, il messaggio che appare sullo schermo qualche secondo prima che i Calibro 35 salgano sul palco del Teatro Dal Verme, per dare il via allo show speciale organizzato in collaborazione con Ponderosa e Jazzmi, e collocato all’interno del programma della celebre rassegna milanese.

È una frase da intendere sicuramente in chiave ironica, ma fotografa benissimo quello che è l’intento del nuovo progetto del collettivo: Jazzploitation è, esattamente come dice il titolo, il resoconto di una espropriazione culturale, sebbene mossa dall’amore e non da un malcelato sentimento di superiorità e prevaricazione. Non a caso, Tommaso Colliva, da sempre “quinto Calibro” nel ruolo di produttore, ingegnere del suono e tanto altro, ha descritto quello che il gruppo si sta accingendo a fare, come un furto con scasso in una casa: semplicemente, si prende quel che si trova.

C’è il Jazz, certo, a costituire la base di queste composizioni, ma esso costituisce solo un punto di partenza, un pretesto, semmai: il gruppo afferra ciò che gli interessa e lo rifà alla sua maniera, mantenendone l’impronta originaria ma trasfigurandolo per renderlo parte del proprio mondo sonoro: l’EP di quattro pezzi uscito giusto tre giorni prima di questa data, ne rappresenta una fotografia precisa, per quanto non esaustiva: “Chaser”, che Pietro Umiliani compose per il film del 1974 Il corpo, diretto da Luigi Scattini; “Lunedì cinema”, la celebre sigla di Lucio Dalla utilizzata dalla Rai in apertura del suo appuntamento cinematografico settimanale; “Ascenseur pour l’échafaud”, composta da Miles Davis per l’omonimo film di Louis Malle; infine, “Nautilus”, del pianista Bob James.

C’è dunque ancora una volta il cinema, vecchio amore dei quattro nonché punto di partenza della loro avventura musicale come Calibro 35; e poi il Jazz, che nessuno di loro ha mai frequentato abitualmente, ma che viene preso in prestito, in tutte le sue molteplici sfumature e declinazioni, per omaggiare vecchi numi tutelari e portare un po’ più in là l’asticella di questo percorso: un po’ come accaduto due anni fa con Scacco al maestro, anche se qui siamo in un territorio decisamente più ambizioso e variegato.

 

Lo spettacolo di questa sera è un’anteprima assoluta che, chissà, potrebbe venire replicato nel tour che partirà nel 2025, oppure rimanere un unicum, regalo speciale a chi c’era. Si parte dall’EP, di cui vengono proposti tutti e quattro gli episodi, e si allarga il panorama con esecuzioni inedite provenienti più o meno dallo stesso mondo, e alcune riletture dal vecchio repertorio (“Pioggia e cemento”, la morriconiana “Buone notizie”, “ArchiZoom”, “A Future We Never Lived”, “Universe of 10 Dimensions”).

La band è solida come sempre, oltretutto l’acustica del Dal Verme, notoriamente eccezionale, rappresenta il valore aggiunto di una performance come sempre al limite della perfezione. Sullo schermo alle spalle dei musicisti vengono poi proiettati gli splendidi e ipnotici visuals di Matteo Castiglioni, che mostrano sia elaborazioni dei quattro che suonano, sia spezzoni, opportunamente rielaborati, dei film collegati alle varie musiche. Un po’ di nostalgia quando parte “Discomania”, rilettura della sigla di 90 Minuto, e colpo scorrono immagini dei vari campionati del mondo, da Italia 90 a Messico 86 e 70, con tanto di highlights della famosa semifinale Italia-Germania.

Anche “Mission Impossible”, col suo famoso tema di tastiera e basso, risulta un momento particolarmente iconico e riconoscibile; altri episodi sono più ricercati, sempre provenienti dal repertorio dei grandi compositori (“Chameleon” di Harbie Hancock, che apre il concerto, “Gassman Blues” di Pietro Umiliani, lo standard “Harlem Nocturne”), mentre il carattere eclettico della serata, coi suoi riferimenti trasversali, viene rappresentato da un’ottima versione di “Vitamin C”, il classico dei Can impreziosito da una notevole prova vocale di Enrico Gabrielli.

La natura stessa del progetto fa sì che non ci siano sostanziali variazioni nella modalità esecutiva ed espressiva del gruppo: semmai, negli episodi propriamente Jazz o affini spicca una maggiore dilatazione della forma, con Martellotta che si lascia andare a fraseggi in stile impromptu, un uso più spiccato dei sintetizzatori, e il solito Gabrielli, mattatore assoluto di questa formazione, che si divide tra tastiere, sax e flauto, questi ultimi due strumenti fondamentali per gli sviluppi tematici dei vari brani.

 

È un concerto lungo, come non si era mai visto negli ultimi tempi (lo spettacolo di due anni fa dedicato a Morricone, ad esempio, era durato un’ora e mezza scarsa), ma quando i nostri si congedano dal pubblico dopo quasi due ore, gli applausi e le ovazioni sono tali che sono costretti a tornare. Suonano ancora due brani: “Trafelato”, proveniente da Scacco al maestro, e “Lunedì cinema”, l’ultimo episodio di Jazzploitation che ancora mancava all’appello, dove si fanno incalzanti i ritmi Funk ed il bassista Roberto Dragonetti si esibisce nelle parti vocali che nella versione in studio erano state affidate a Marco Castello.

A questo punto sarebbe davvero finita: sugli schermi sono apparsi i titoli di coda e gli abbracci e i saluti hanno il sapore del congedo. E invece, di fronte alle grida di insistenza ed entusiasmo provenienti dalla platea, ancora una volta non si può far finta di niente. L’ultima sezione del concerto ha un carattere più improvvisato, ed è un vero e proprio regalo che i Calibro hanno fatto al loro pubblico. Lo dimostra la conclusiva (questa volta per davvero!) “Bovisa”, suonata dopo mille insistenze da parte di uno spettatore in balconata, che è riuscito a prendere per sfinimento Fabio Rondanini (il quale in effetti lo indica ironicamente con la bacchetta prima di iniziare).

Dire concerto strepitoso sarebbe un eufemismo, ma questa sera si sono decisamente superati. Speriamo solo che il progetto Jazzploitation non venga confinato ad un solo EP ma possa presto trasformarsi in un disco vero e proprio, possibilmente anche in un live.