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REVIEWSLE RECENSIONI
03/07/2019
Devin Morrison
Bussin'
Ecco già mi par di sentirvi: “Sì, ok, un disco buono da sottofondo per fare all’amore”. Già, come se anche solo per questo fosse una cosa da disprezzare, provate voi ad amoreggiare con un disco dei Tool o di quel cazzurnio di Jovanotti, non vi basterebbe una giberna piena di Cialis.

Bussin’ nello slang di Miami significa “gustoso” ed è l’aggettivo che ci accompagnerà nelle undici canzoni dell’album di esordio di Devin Morrison. Non solo; il ragazzo ha le idee chiare e un programma quanto mai ambizioso, ovvero quello di far rivivere la vecchia scuola r’n’b, con predilezione per quel sottogenere che negli anni Novanta prese il nome di New Jack Swing, di cui nel tempo si sono perse le tracce tranne per quei pochi che ancora testardamente ne fanno sfoggio (e qui il pensiero corre a due grandi voci come quelle di Keith Sweat e Kenny Lattimore).

“Finché sono vivo, anche l’r’n’b lo sarà” e non vi sembri una dichiarazione presuntuosa questa, dacché Devin Morrison, nativo di Orlando, polistrumentista e figlio d’arte - suo padre Dahvi è chitarrista e lo possiamo ascoltare nel pezzo che dà il via alle danze - se n’è uscito con un disco che da subito si è imposto nelle mie playlist.

Un disco curatissimo, questo, dai superbi arrangiamenti vocali, una costante ricerca della melodia più raffinata e di classe, groove da atmosfere notturne che lentamente ti fanno scivolare in un nirvana di sensazioni lussuriose.

Ecco già mi par di sentirvi: “Sì, ok, un disco buono da sottofondo per fare all’amore”. Già, come se anche solo per questo fosse una cosa da disprezzare, provate voi ad amoreggiare con un disco dei Tool o di quel cazzurnio di Jovanotti, non vi basterebbe una giberna piena di Cialis.

Tornando seri il miracolo che compie Morrison (niente Jimmoni redivivi qui eh) è quello di suonare attuale pur attingendo ad un nostalgico e idealizzato passato, di rifuggire da quel senso di déjà-vu che troppa musica black attuale ci propina.

Insomma in parole povere non ti dà quella sensazione che dopo un tot di brani ti prende la voglia di skippare.

Se “It’s Time” ci introduce al giardino delle delizie, è con la successiva “With You” - che vede la compartecipazione di Joyce Wrice - che il progetto di Morrison inizia a dispiegarsi; il mid-tempo elevato come imprescindibile mood in cui chi si cimenta con qualsiasi tipo di romanticismo in musica non può sfuggire.

Non solo tracce di un passato prossimo, Morrison è uno che tiene dritte le orecchie nonché le mani ed i piedi anche nel presente, prova ne sono brani come “Guaranteed”, qui il nostro gorgheggia insieme al rapper Ace Hashimoto, e “The Struggle Iz Real”, qui insieme a Daz Dillinger.

Ma è con la bellissima, eterea e lirica “The Call (407)”, brano che vede la collaborazione vocale di We are KING, che l’album prende il volo; tre minuti scarsi per qualcosa che si avvicina alle migliori cose ascoltate in ambito r’n’b da qualche anno a questa parte. Mentre “No” fa da doveroso omaggio al grande D’Angelo, la title-track sancisce la maestria vocale di Morrison, preludio a quello che è un altro must dell’album, ovvero “Fairytale” cantata in coppia con Lakks Mable, mid-tempo memore del tempo in cui Morrison cantava il gospel nella chiesa della sua città.

Bassi e beat profondi per la conclusiva “Love Yourself” e un’altra strabiliante prova vocale di Morrison, sigillo di un lavoro, suonato, arrangiato, prodotto e cantato nel miglior modo possibile.


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