Marco Barbieri è un membro a pieno titolo di quel collettivo artistico riunito attorno a La Clinica Dischi, la giovane realtà ligure di cui abbiamo avuto modo di parlare recensendo l'esordio di cmqmartina qualche mese fa. Originario anche lui di La Spezia, oltre ai primi singoli del progetto Altrove, si è anche occupato delle produzioni dei lavori di Apice ed ELLE (quest’ultimo ora ha ricambiato il favore sedendo dietro la consolle).
“Bolle” è il suo primo disco, e sebbene la durata ridotta a cui ci stiamo lentamente abituando lo avvicini maggiormente ad un Ep, la carne al fuoco è comunque sufficiente: parliamo di otto brani, di cui quattro usciti precedentemente come singoli e quattro inediti. Una raccolta di canzoni che, in un certo senso, rappresenta il compimento di un lavoro durato più di un anno e mezzo, dall'uscita di “Meglio stare altrove”, nel novembre 2018, passando per i buoni risultati ottenuti con l'ingresso nella Playlist di Scuola Indie (fa strano citare certi meccanismi ma ormai funziona così).
L’apertura con “Intercity” mette subito in chiaro alcuni punti: il piano e voce delle prime battute, con la batteria che entra successivamente assieme ad un bordone di Synth ad allargare gli spazi, dice di una costruzione del pezzo abbastanza classica, quasi vecchia scuola; è una ballata intensa, sostenuta da una vocalità veramente interessante, con un testo sospeso tra fuga e ricordo.
Il songwriting di Altrove è così, perennemente in bilico tra la dimensione prettamente Mainstream del Pop ed una raffinatezza deliziosa, fatta di piccoli accorgimenti e soluzioni che non lo fanno mai scadere nel banale.
In questo senso, così come già in precedenza Diodato, potrebbe rappresentare un'ottima terza via per la canzone italiana, un tentativo di fusione delle anime che eviti un eccessivo rifugio nei cliché.
Del resto Marco ha un sacco di doti: scrive bene, canta benissimo e i brani sono vestiti dai suoi collaboratori in maniera da arrivare dritti al punto. Un lavoro compatto, che scorre dall’inizio alla fine in un flusso ininterrotto che non conosce momenti di stanca. Probabilmente il picco di maggiore intensità, almeno per chi scrive, lo si raggiunge con l'accoppiata “Patatine al cioccolato”/Cinquecento bianca”, non a caso mixate insieme quasi fossero un unico episodio. Due pezzi che crescono in maniera graduale, con il ritornello a marcarne il punto di massimo climax emozionale, grazie anche a melodie bellissime, che rimangono in testa subito e si cantano ogni volta di più. La dimensione è amara, comunque: c'è la mancanza, il rimpianto, la nostalgia, nel ricordo invadente di un amore finito, col tentativo di aggrapparsi al presente e la rassegnazione di vedersi inesorabilmente scivolare nel passato, in un “altrove” che, non a caso, è anche il tema del pezzo di chiusura, feeling ipnotico ed un'elettronica più presente che negli altri brani, l’affermazione che sia “meglio stare altrove” che suona un po’ come una dichiarazione di resa.
Nel mezzo c’è tutto uno sforzo di afferrare la superficie delle cose, una battaglia per riappropriarsi dell'esistenza, per smettere di essere una semplice “comparsa che prende pugni dal protagonista”. Funziona? Non tanto ma le canzoni che documentano questo sforzo fanno capire che ne è valsa la pena: la malinconica dolcezza della title track, che col suo piano e voce molto scarno rappresenta l'essenza della scrittura di Marco, “Naufragare”, anch'essa riuscitissima dal punto di vista melodico, con un altro ritornello al limite della perfezione. “Cenere” e “Gelato all'amarena” invece spingono un po’ di più sulla sezione ritmica, quest’ultima in particolare è un po’ più catchy ed ha un leggero sapore Neo Soul.
Un ottimo esordio, un autore che ha tutte le carte in regola per fare bene anche in futuro. Se la canzone italiana continuerà ad esprimersi in questo modo, non si dovranno temere riflussi di sorta.