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REVIEWSLE RECENSIONI
02/07/2024
Lenny Kravitz
Blue Electric Light
Lo splendido sessantenne newyorkese palesa, oltre una strepitosa forma fisica, anche una ritrovata vena compositiva e la capacità di divertire, divertendosi.

A prescindere da ogni scontato riferimento alla forma fisica strepitosa, Lenny Kravitz continua a sfornare dischi con cadenza regolare, cogliendo, talvolta, nel segno (l’ottimo Black And White America del 2011), palesando, invece, in altri casi, un livello di ispirazione al minimo sindacale (il penultimo Raise Vibration di sei anni fa).

Oggi, dietro quel fisico statuario, si cela un musicista senz’altro maturo e consapevole, la cui statura artistica non è più quella dei fortunati Mama Said (1991) e Are You Gonna Go My Way (1993) ma che, tutto sommato, è ancora in grado di scrivere buone canzoni, talvolta, autocitandosi, più spesso guardando a sonorità del passato, rielaborate con un gusto che condensa modernità e vintage.

La chiave di lettura di Blue Electric Light risiede proprio nell’abilità di Kravitz di miscelare perfettamente i suoni per produrre qualcosa che abbracci gli ultimi cinquant'anni di musica, senza dimenticare ovviamente il suo peculiare timbro traboccante di sentimento. Il rock, però, è quasi del tutto sparito dai radar del sessantenne newyorkese, che si concentra maggiormente su soul e funk, che sono il piatto forte del suo dodicesimo album in studio.

 

Che Kravitz non abbia perso completamente lo smalto dei bei tempi passati, lo capisce subito dall’apertura "It's Just Another Fine Day (In This Universe of Love)", fiore all’occhiello di un disco con molti momenti davvero riusciti. Basso pulsante, un tocco di elettricità e arrangiamenti sfiziosissimi contornano un ritornello di solare bellezza, mentre il brano si sviluppa in sei minuti molto suonati e belli che pronti per essere replicati dal vivo, abbandonandosi, magari, al piacere dell’improvvisazione.

Certo, la successiva "TK421", già uscita come singolo, riporta subito coi piedi per terra, e nonostante il bell’assolo di sax, l’approccio funky è troppo tamarro e bombastico per farsi apprezzare in un ambito che non sia puro divertissement. Qui e là, sembra che Kravitz perda il senso della misura, un brano come "Let It Ride" puzza di riempitivo lontano un chilometro, il graffio rock di "Paralyzed" è privo di mordente e trabocca di testosterone, e la conclusiva title track risulta un po’ appesantita da un arrangiamento smaccatamente anni ’80.

 

Tuttavia, la maggior parte delle canzoni in scaletta funziona, e anche bene: il funky soul al velluto di "Honey" è una vera delizia, il retrogusto eighties di "Bundle Of Joy", brano dance in cui Prince incontra gli Scritti Politti, è puro divertimento, e le armonie volatili di "Spirit In My Heart" conquistano fin dal primo ascolto.

E’ chiaro che Blue Electric Light non sia destinato a lasciare un segno importante nelle classifiche di fine anno, ma ritrovare Kravitz così in salute fa sicuramente piacere. L’ispirazione non è quella di giorni gloriosi, ma questo splendido sessantenne, pur restando ancorato a una prevedile confort zone, sa ancora scrivere belle canzoni e, soprattutto, riesce ancora a divertirsi e divertire, senza necessariamente inserire il pilota automatico. Niente di clamoroso, ma tutto dannatamente piacevole.