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RE-LOUDDSTORIE DI ROCK
23/01/2023
The Rolling Stones
Blue & Lonesome
Nessuno si sarebbe aspettato, undici anni dopo la pubblicazione dell’ultimo lavoro in studio A Bigger Bang del 2005, una nuova opera così “rivoluzionaria”, in un periodo dove ormai un gruppo musicale rimane a galla solo con singoli di successo e concerti: ma loro sono i Rolling Stones e se ne fottono di mode e luoghi comuni. Ecco quindi Blue & Lonesome, raccolta di brani blues registrata in presa diretta, energia e brillantezza allo stato puro.

“Non abbiamo mai fatto un album così. Persino il nostro primo disco aveva alcune sovraincisioni” (Mick Jagger)

 

Vivacità e apparente allegria, però malgrado tutto questo apparato sotteso, al fondo del canto blues persistono tristezza e dolore: si potrebbe affermare che tutta la vasta gamma esistenziale della natura umana abbia trovato la sua celebrazione nel blues, in una tormentata e inquietante quotidianità che si tramuta di volta in volta in un’attonita precarietà di speranza nel cielo, e in una altrettanto illusoria fiducia nella terra. Materia e Spirito, a tratti dolcemente, in altri casi vorticosamente, convivono in questo genere, padre della musica moderna, che come nessun altro, prima e dopo, ha caratterizzato la vita degli uomini, una realtà irta di ostacoli, ma bramante cambiamento.

E’ quindi normale che l’animo sensibile di un artista, di un gruppo che condivide la stessa concezione filosofica del mondo, abbia attinto da questo background, ispirazione infinita di stili e attitudini, per decifrare quel mistero che si chiama Vita, e spinge per istinto di sopravvivenza ad affrontare asperità e sofferenze in funzione del desiderio di un futuro diverso, alla ricerca di felicità e serenità. I Rolling Stones non ci sarebbero se non fosse esistito Muddy Waters, da un suo brano hanno preso il loro nome, da centinaia di canzoni in dodici battute hanno individuato una direzione e un modo d’essere che li ha resi unici e praticamente indivisibili.

Diventa quindi facile presentare, dopo anni e anni dedicati alla musica del diavolo, e, in verità, pure tante scorciatoie pop rock per raggiungere l’agognato successo commerciale, il disco TOTALMENTE blues, per antonomasia, della famigerata band britannica. Sembra quasi incredibile che sia arrivato solo nel 2016, però contraddistingue una maturità e un’onesta di pochi sia per la scelta del repertorio, sia per la decisione di come suonarlo, cioè totalmente live, senza overdubs, come certificato da Mick Jagger.

 

Persino prima che diventassero gli Stones, Mick e Keith amavano dannatamente il blues, passione condivisa anche da Charlie Watts e Ronnie Wood, e proprio agli esordi il gruppo suonava la musica di Jimmy Reed, Willie Dixon, Eddie Taylor, Howlin’ Wolf e Little Walter. In Blue & Lonesome incontriamo le canzoni scritte o interpretate da questi artisti: ad esempio la title track, "Just Your Fool", "I Gotta Go" e "Hate to See You Go" portano la firma proprio dell’immenso Walter Jacobs, meglio conosciuto appunto come Little Walter, mentre la storica "Commit a Crime" nasce dalla penna di Chester Burnett, in arte Howlin’Wolf, probabilmente la voce più potente e “spaventosa” espressa da questo genere musicale.

Le versioni proposte dalle pietre rotolanti sono asciutte, rispettose, ma ovviamente aggiungono, parafrasando una loro canzone, il sale della terra, il sugo, insomma gli aromi jaggerichardsiani, che rendono unico il piatto da gustare. E quando il gioco si fa duro i Glimmer Twins non disdegnano di far partecipare un altro maestro cerimoniere, un’esistenza in dodici battute, Mr. Slowhand Clapton in persona, a infarcire di note malinconiche con la slide "Everybody Knows About My Good Thing", di un altro soul singer coi fiocchi, il mitico Little Johnny Taylor. Eric, che sta incidendo alcuni pezzi per il suo album nello studio accanto e si trova improvvisamente catapultato in questo progetto, non manca di irrobustire con la sua chitarra elettrica pure la traccia forse più famosa del lotto, "I Can’t Quit You Baby" del leggendario Willie Dixon, celebre nell’interpretazione di Otis Rush, uno degli autori ed esecutori più rinomati in questo campo. I Led Zeppelin forse non sarebbero gli stessi senza questa composizione, pietra miliare dell’evoluzione a tinte hard-rock di quanto inizialmente era concepito in solitario e acustico.

Il basso di Darryl Jones è impeccabile, e dimostra l’ecletticità di questo fenomenale session man. Discorso a parte, ovviamente, come sempre per l’immarcescibile Chuck Leavell; gli anni con l’Allman Brothers Band, le esperienze proprio con Clapton, all’epoca del pluripremiato Unplugged, hanno forgiato il mitico tastierista ed è una libidine ascoltare come accarezza i tasti in tutto il disco. Lo standard di Howlin’ Wolf "Just Like I Treat You", composto dal solito Willie Dixon, e la perla "All of Your Love", dal repertorio di Magic Sam evidenziano, se ce ne fosse ancora bisogno, la sua maestria al piano acustico.

 

“Se non conosci il blues, non c’è ragione di prendere una chitarra e suonare il rock and roll, o qualsiasi altra forma di musica popolare”. (Keith Richards)

 

E come dar torto al buon vecchio Keith? Basta mettersi in cuffia "Ride ‘Em on Down" di Eddie Taylor oppure "Hoo Doo Blues" di Lightnin’ Slim, impreziosita dalle percussioni del mago dei tamburi Jim Keltner, per rendersi conto di quanto sia vero ciò che Muddy Waters disse qualche tempo fa: “Il blues ebbe un bambino e lo chiamarono rock ‘n’roll.”

"Little Rain" è un altro pezzo da novanta con un trascinante Jagger all’armonica, il prode Matt Clifford all’Hammond B3, le chitarre “rilassate” dell’accoppiata Richards/Wood e il drumming tipico del compianto Watts. Pure il brano di "Jimmy Reed" mantiene la struttura originale, tuttavia subisce l’affascinante trattamento di questo gruppo che da sette decadi cammina in questo mondo musicale, praticamente da sei viene spacciato per morto artisticamente e invece è sempre lì, sul palco e in studio, a suonare, senza mai mollare di una virgola, ispirato come non mai da un genere che, nonostante tutti i tentativi di commercializzazione, si alimenta ancora, per essere genuino, di una buona dose di spontaneità.

 

“Non è una questione tecnica, è una questione emotiva, una delle cose più difficili è trasmettere questo sentimento.” (Charlie Watts)

 

L’impeccabile produzione di Don Was, il quale ha utilizzato il motto “Vivi e lascia vivere” dando carta bianca a Richards e compagni per sonorità e arrangiamenti, e il fatto che tutto il lavoro sia stato concepito solamente in tre giorni di sessioni, fanno percepire che quanto affermato da Watts sia in linea con il risultato ottenuto. Si tratta più di una questione di “pancia” e cuore che di testa, e si è lasciato spazio maggiormente alla passione e al sentimento piuttosto che alla perfezione. I quattro ragazzi ci hanno messo dentro tutta la loro esperienza, ora che sono ultrasettantenni, ma senza dimenticare l’energia e il completo abbandono, messo in questa musica quando erano giovani. Entusiasmo e rispetto, che li hanno portati a registrare alcune tracce, come la title song, alla prima take. Una devozione genuina e sincera che è valsa loro pure, nel 2018, un grammy per il migliore album di blues tradizionale. E ora, nel 2023, sembra sia giunto il momento di un nuovo disco, ennesimo capitolo di una band sempreverde, ispirata da questa musica eterna.