Ho scelto un sottotitolo poco elegante e senza sfumature in quanto l’equivoco (o due), di lunga data, lo richiede.
Però non ci sono innocenti in questa storia.
(A ben vedere, forse l’equivoco è nel fatto che ad Antonioni si sono attribuiti significati trascendenti il momento storico in cui egli diresse i suoi film: Zabriskie Point è psichedelico dati i Pink Floyd oppure acido dati The Grateful Dead? Sto banalizzando: non sono un conoscitore dei primi, ma la frattura fra il “con Syd Barrett” e il “senza Syd Barrett” mi è nota. Nemmeno mi picco di procedere ad un’analisi di sintesi estrema della filmografia di Antonioni.)
Se si raffrontano gli elementi costitutivi di Blow-up[1] con quelli mod tutto dovrebbe essere chiaro.
Blow-up è elitario, è un film-film in quanto le immagini prevalgono (anche quelle fisse), c’è del mistero, è ispirato da un racconto di Julio Cortazar[2], non dovevano esserci The Yardbirds bensì The Velvet Underground (in ogni caso c’è una chitarra distrutta à la Pete Townshend, perché The Who pare fossero la seconda scelta) in una delle ultime scene, fu girato nel 1966, la colonna sonora è di un giovane Herbie Hancock.
Il protagonista Thomas[3] veste calzoni bianchi e letteralmente butta via capi d’abbigliamento indossati e quindi usati (piuttosto che destinarli al lavaggio). Egli tratta la sua Rolls-Royce convertibile come un mezzo di semplice trasporto, di lavoro (dotato di radiotelefono) e di carico (l’elica di legno comprata come pretesto).
È un fotografo per lavoro (piuttosto che un torero o un politico: parafraso da un dialogo) che vorrebbe non lavorare, pur guadagnando molto. Insomma, è uno yup non un mod, anche se è moderno: la condizione di teenager non è eterna.
Non vedo perciò presenti le meaden-iane “circostanze difficili” che rendono il “vivere senza sbavature” l’eccezione.
Blow-up può essere un film per taluni mod, ma questo vale anche per Performance di Nicholas Roeg.
L’altra fonte di equivoco concettuale credo derivi da una prospettiva storica di breve periodo, ormai desueta (proprio perché dovrebbe essere sempre limitata dall’arco temporale fra oggetto studiato e soggetto studiante), ma che invece affligge anche i critici cinematografici e i semiologi[4]. La swinging London ingenera non poche confusioni, anche storiche, per cui c’è una sorta di poltiglia culturale che vorrebbe far tutt’uno degli artisti[5], Carnaby Street, stili nell’abbigliamento, qualche decina di mesi di storia e cronaca britannica …
Eppure, per apprezzare quasi nei massimi questo film, occorre una sensibilità che solo chi frequenta idealmente Londra prima del, e dopo il[6], disastro hippy può avere.
Quindi i giovani mod odierni non cerchino regole stilistiche assolute da seguire che non siano lo straight-leg e il tre bottoni nelle giacche (peraltro già “strappato”, per scelta?, quello alto) che dovrebbero già conoscere e seguire senz’altro, ma il resto del pubblico non pensi di capire il film senza una sensibilità (anche) londinese datata mid-sixties.
Un ultimo avvertimento: è un film che va visto più volte, quindi le videocassette prima e i DVD poi gli hanno dato una eterna giovinezza e anche la possibilità per lo spettatore di ingrandimenti (appunto) personali e arbitrari.
Divertitevi[7].
ADDENDUM
Agosto 2014, Düsseldorf, una sontuosa libreria dedicata alle arti visive e sonore come non ne esistono più in Italia[8].
Dopo aver trovato almeno due tomi imperdibili per me, ecco arrivare a vista un quasi monumentale non so ancora cosa, ma da comprare anche se scritto in Tedesco: titolo Blow-Up.
Un altro? Non proprio, questo è il compendio che non esisteva e che supplisce a volumi ormai introvabili o non ragionevolmente acquistabili su quella scena. La scena di Londra degli ultimi anni sessanta: fotografi e modelle: affilati, giovani e belli.
Jean Shrimpton a pagina 119 fotografata da David Bailey nel 1961 al Tower Bridge. Perfezione.
È un catalogo di mostra, e c’è anche l’edizione con testo in Inglese.
Non risulta che la mostra arrivi in Italia (dopo Vienna, Winterthur e Berlino).
Fatevi una gentilezza: non comprate i libri di argomento mod (o meglio con il cartellino “mod”[9]) pubblicati nel 2014 bensì compratevi questo e restate talvolta a bocca aperta.
[1] Mi attengo nel mio testo alla grafia antonioniana con “up” minuscolo.
[2] Las Babas del diablo, del 1959. Ma Antonioni dichiara “Non mi interessava tanto la vicenda, quanto il meccanismo delle fotografie”, in Michelangelo ANTONIONI, Blow-up, Torino, Einaudi, 1967, p. 7 sebbene non numerata.
[3] Qualche critico non gli attribuisce nome. Eccesso di mistero. La bibliografia non è molta ed è sparsa: ho consultato un volume collettaneo del 1971 ed uno del 2011, oltre al precitato testo del regista.
[4] In senso ampio e senza pretesa di massima precisione; ma si cfr. Roland Barthes.
[5] L’infungibilità fra loro dovrebbe essere chiara, invece è tutto un “Beatles” (senza “The” per giunta).
[6] Intendo la svolta che per comodità chiamo glam.
[7] È uscito, nel 2012, un ottimo volume in Italiano (pare incredibile) di Valentina Agostinis, intitolato Swinging city (Milano, Feltrinelli) per tutti coloro i quali hanno bisogno di altro, dopo il film.
[8] Chi ricorda Idea Books e la Milano Libri dei tempi d’oro nella capitale economica della nazione?
[9] Tristi come le parka finte vendute a Londra nel 1980 quando quelle originali, che puzzavano di naftalina e di depositi di army surplus, scarseggiavano. Ridicole cosine corte che non avrebbero riparato nessuno in caso di scooter ride.