Un album di debutto genuinamente retrò, che guarda soprattutto al suono classico dell’hard rock a cavallo fra gli anni ’70 e ’80, e si sviluppa attraverso riff acchiapponi, ganci melodici e uncinanti coretti. Questo, in sintesi il contenuto di Blacktop Therapy, album d’esordio degli americani Prowess.
La band, fondata nel 2016, arriva da Charlotte, la città più popolosa del North Carolina, ed è composta da Dalton Bowes (Voce), Curly Staples (Chitarra), Scott Roby (Chitarra), Brandon Chinn (batteria) e Kenny Mange (basso), cinque ragazzi che si sono fatti le ossa, passando di palco in palco e di rassegna in rassegna, esibendosi in esplosivi live act. Una costante e lunga attività concertistica che ha permesso loro di farsi un nome e di acquisire un seguito di fan appassionati ancora prima di aver pubblicato il disco di debutto. I Prowess, prima di cimentarsi sulla lunga distanza, hanno però dato alle stampe due Ep (Headfirst del 2017 e Roll’n With The Punches del 2018) che hanno evidenziato subito, anche se in forma grezza, doti da rocker di classe e un approccio energico e battagliero. Nel 2019, poi, hanno iniziato a lavorare a questo primo full lenght insieme al produttore Tuk Smith (ex leader dei Biters) che ha smussato gli spigoli e indirizzato il suono della band, fin da Looking For a Bullet, primo singolo, rilasciato a maggio dello stesso anno.
Blacktop Therapy è un disco breve (nove canzoni per mezzora circa di musica), circostanza questa che ha obbligato la band a dare tutto entro un minutaggio limitato: ne deriva che, pur in un contesto in cui l’originalità non è indispensabile, la scaletta sia priva di filler, con una seconda parte del disco (l’hard rock blues della galoppante Heart’s Desire e l’arrembante finale di All Downhill sono i picchi dell’album) più ispirata rispetto alla prima.
I numi tutelari di questi cinque giovanotti si sprecano, e all’interno delle nove canzoni ognuno potrà cogliere svariate similitudini, che vanno dagli Ac/Dc ai Free, ai Gun, ai Buckcherry e via citando. Da parte loro, però, i Prowess ci mettono una potenza di tiro ragguardevole, grazie a una sezione ritmica quadratissima, a due chitarre assatanate che dispensano assoli e riff senza posa e alla voce di Dalton Bowes, sporca e graffiante al punto giusto.
Nessuno si aspetti versatilità o giochi di prestigio: in Blacktop Therapy c’è solo rock’n’roll, sanguigno, grezzo e sudatissimo. Ma il gioco riesce e la mezzora di ascolto fila via mettendo a dura prova la cervicale in un headbagging compulsivo. Band da tenere d’occhio e disco da ascoltare a volumi esagerati.