Che i Blackberry Smoke continuino a passare dalle nostre parti è un qualcosa di cui essere profondamente grati, considerato quanto oggi costi per le band americane venire a suonare oltreoceano e quanto poco sia ricettivo il nostro paese nei confronti di tutte le proposte che non siano ultra mainstream.
La band di Charlie Starr da noi ci è sempre venuta e il concerto di questa sera è il terzo di fila all’Alcatraz di Milano, il quarto in assoluto nella celebre venue, se consideriamo anche quello del 2015. Si tratta di un posto decisamente più adatto per godere di una sana serata all’insegna del Southern Rock, di quanto lo fosse invece il Teatro Arcimboldi, che aveva ospitato i Black Crowes la scorsa primavera. Qui il pubblico è in piedi e può scatenarsi a dovere anche se, con tipico ritardo milanese, arriverà a riempire il locale solo dopo la fine del set di Bones Owens.
L’artista di Nashville, già attivo come session man in vari progetti, ha pubblicato a luglio il suo secondo disco solista, Love out of Lemons. La sua proposta, all’insegna di un Rock fortemente tradizionalista, con venature Country Blues molto spesse, appare fin troppo scontata ma funziona essenzialmente per due motivi: la qualità ineccepibile di una scrittura fresca e brillante, con melodie dall’alto potenziale, che rimangono impresse al primo ascolto, e la potenza live del Power Trio con cui si presenta in scena, ideale per scaldare gli animi e preparare il terreno.
I Blackberry Smoke arrivano sul palco con un anticipo di ben due minuti sulla tabella di marcia e ci sparano in faccia una “Workin’ for a Workin’ Man" pesante come un macigno, seguita a ruota dalla magnifica Road Song “Good One Comin’ On” con il suo ritornello da cantare a squarciagola; la splendida “Hammer and the Nail”, uno degli episodi migliori del nuovo disco, è un altro bel brano tirato ed orecchiabile, mentre “Rock and Roll Again” fa capire tutto ciò che di popolare c’è nella scrittura di Charlie Starr, in grado di sfornare instant classics con una naturalezza disarmante, canzoni che appaiono scontate ma che sono in realtà senza tempo, per quello che è probabilmente l’ultimo grande songwriter della nostra epoca.
L’ultima volta che li abbiamo visti in azione è stato un anno e mezzo fa e nel frattempo la vita è andata avanti: a febbraio è uscito un nuovo disco, Be Right Here (qui la nostra recensione), l’ultimo suonato dal batterista Brit Turner, scomparso il mese successivo per un tumore al cervello. Nel marzo del 2023, già gravemente malato, era riuscito comunque ad essere dietro le pelli, e tutti noi presenti l’avevamo considerato un bellissimo regalo, anche se era già molto forte il sapore dell’addio.
A sostituirlo oggi c’è Kent Aberle, che picchia duro, ha un gran bel tiro e sembra essersi perfettamente amalgamato con gli altri cinque. I quali, è bene ribadirlo, sono sempre un’autentica macchina da guerra in sede live: il bassista Richard Turner è assieme a Starr l’autentica colonna portante di questa formazione e viaggia che è un piacere; Brandon Still con le sue tastiere riempie gli spazi a meraviglia, mentre i due chitarristi Benji Shanks e Paul Jackson sono autori di una prova magnifica, con quest’ultimo superlativo anche alle seconde voci. Insieme hanno un impatto fragoroso, col Southern Rock che si fonde col Blues e si colora di Country Folk durante l’esecuzione di alcune delle loro migliori ballate (“One Horse Town” su tutte, autentico highlight dello show, ma anche la suadente “The Whippoorwill”, prima della quale Charlie Starr invita a dire una preghiera per gli abitanti del North Carolina, funestati dall’uragano Helene).
Aiuta, e non poco, la resa sonora strepitosa (e all’Alcatraz non è scontato) che permette all’insieme di risaltare e allo stesso tempo ai singoli strumenti di ritagliarsi uno spazio privilegiato.
Il pubblico, dal canto suo, è su di giri e partecipa battendo le mani e con continui singalong nei brani più famosi, tanto da stupire la band, evidentemente grata e quasi commossa dall’affetto che ha ricevuto.
La scaletta non valorizza troppo il nuovo disco, anche se le splendide esecuzioni di “Like it Was Yesterday” (con una toccante dedica a Brit) e “Whatcha Know Good”, impreziosita da una splendida Jam (una delle poche della serata) mettono in chiaro che, sebbene inferiore a quanto fatto dal gruppo almeno fino a Find a Light, Be Right Here sia pieno di belle canzoni, che anche in sede live funzionano benissimo.
Per il resto, si preferisce tuffarsi nei vecchi classici: la trascinante e anthemica “Pretty Little Lie”, le pesanti cavalcate di “Let It Burn” e “Run Away From It All”, la mazzata mid tempo di “Waiting for the Thunder”, la ruvidissima “Hey Delilah”, la blueseggiante “Sanctified Woman”, sono solo alcuni esempi di momenti altissimi all’interno di un concerto al limite della perfezione.
“Sleeping Dogs” è diluita da una lunga Jam che contiene anche un accenno alla “Don’t Come Here Again No More” di Tom Petty, e fa crescere il rimpianto per quello che una band già straordinaria come questa potrebbe combinare se decidesse di lasciarsi andare un po’ di più nelle esecuzioni.
Si conclude con “Little Bit Crazy”, irresistibile brano del nuovo album, con tutti gli ingredienti per divenire un futuro cavallo di battaglia. Inevitabili i bis, dopo tutto questo entusiasmo: breve e affascinante citazione da “Willin’” dei Little Feat, poi via con “Ain’t Much Left of Me”, festa finale tra soli e improvvisazioni, prima che ci si rituffi nell’ultimo ritornello per mandare tutti a casa.
Commovente la scena finale, con Charlie Starr già impegnato nei saluti, che scorge nelle prime file uno striscione con il volto di Brit Turner e se lo fa consegnare per stenderlo con l’aiuto dei suoi compagni e mostrarlo a tutti. E l’abbraccio intenso che si scambia con Kent Aberle pochi istanti dopo rappresenta forse l’istantanea più significativa di un passaggio di consegne avvenuto e di una vita che può andare avanti.
Termina così il tour europeo dei Blackberry Smoke, e ancora una volta grazie a Barley Arts per averceli portati. Quando gruppi come questo smetteranno di girare, siamo sicuri che un po’ di bellezza scomparirà dal mondo.