SABBA NERO (Black Sabbath, 1969/70)
Cos’è questo che mi sta davanti?
Una figura in nero che mi indica
Mi giro in fretta e comincio a correre
Ho scoperto che sono il prescelto, oh no!
Una grande forma nera con occhi di fuoco
Che predice alla gente i loro desideri
Satana è seduto lì, sta sorridendo
Guarda quelle fiamme che diventano sempre più alte
Oh no, no, per favore Dio aiutami!
Un bambino strilla cercando sua madre
La madre sta urlando nel fuoco
Satana mi indica di nuovo
Apre la porta per spingermi dentro
Oh no!
Questa è la fine amico mio
Satana sta arrivando da dietro la curva
Le persone stanno correndo spaventate
Si gente, fareste meglio ad andarvene e fare attenzione!
No, no! Vi prego, no
Citiamo il testo di quella che viene considerata la prima canzone “heavy metal” della storia, come se fosse un flusso di coscienza di un impaurito Ozzy Osbourne, che ci porta in una atmosfera da film horror degli anni Cinquanta/Sessanta, dove Satana non è un ideale da abbracciare ma una entità terribile da cui fuggire e rinnegare, in quello che è spesso stato un errore compiuto dagli esperti e dai giornalisti dell’epoca. I Black Sabbath hanno affrontato l’occulto come un elemento reale ma non rassicurante, con cui non si deve scherzare, ma nei testi della prima fase della loro carriera, grazie alla raffinata penna del bassista Geezer Butler, lo scopo era quello di raccontare storie che potessero impaurirci e immergerci in atmosfere lugubri e terrificanti, per intrattenere grazie ad un elemento di totale rottura, rispetto alla musica rassicurante e colorata che andava alla grande verso la fine degli anni Sessanta.
I quattro cavalieri oscuri di Birmingham volevano creare qualcosa di totalmente diverso ma non dedito al puro rumore cacofonico. Anzi, i Black Sabbath dell’era “Ozzy” sono progressivi nel senso più libero del concetto, mescolando nella loro ricetta sonora il blues, la psichedelia, il jazz, il rock e innovando grazie ad un suono chitarristico inedito e industrialmente ribassato. E’ l’incontro tra quattro musicisti così diversi e “strani”, a partorire un genere musicale che nei ha ispirati altre decine di nascenti, fin dagli anni Settanta ma anche fino ai giorni d’oggi. Ci sono tracce di “Sabbath” nel metal estremo dei primi anni Ottanta, come nella musica industrial del decennio successivo e nel controverso grunge, ma potremo continuare citando il death e black metal. Prendendo elementi già editi, “loro” hanno inventato qualcosa che prima non c’era.
Molte sono state le biografie e gli scritti dedicati ai Black Sabbath negli scorsi anni, e questo Black Sabbath – Masters Of Reality di Stefano Cerati, pubblicato nel 2012, è certamente uno dei più preziosi ed esaurienti. “Dischi, musica e testi dell’era Ozzy” è il sottotitolo che spiega il senso di un lavoro che, pur non dilungandosi in elucubrazioni inutili, descrive in ordine cronologico di album ogni brano del gruppo, sia dal punto di vista musicale che dei contenuti testuali (allegando le liriche sia in inglese sia in italiano), disseminando saggiamente anche gustosi aneddoti, spesso derivati da interviste che Cerati fece a Geezer Butler, Tony Iommi, Ozzy e Sharon Osbourne, e Tony Iommi, in un lasso di tempo che da dal 1996 al 2010.
Stefano Cerati è un nome molto conosciuto nel panorama giornalistico rock italiano. È laureato in Economia e Commercio con un Master in Comunicazione, ma la sua vita è sempre stata la musica pesante. Ha fatto di tutto: deejay, speaker a Rock FM, ufficio stampa per Transilvania Live, One Step Beyond e Clear Channel. Dal 1994 inizia a collaborare con riviste rock e metal, tra cui Flash, Metal Shock, Psycho, Rocker, DistortioN e Rumore. Dal 2002 è a Rock Hard Italy, di cui diventa coeditore nel 2009. Nel 2016 ha creato Fire, rivista per musica heavy psych, stoner, doom e occult in inglese. Oltre alla sua passione principale, ama il Milan, la letteratura noir, i gatti, i viaggi e la birra inglese.
Questa recensione ovviamente non vuole parlare di un libro valido ma già edito, ma celebrare questa nuova ristampa della Tsunami Edizioni, che colma diversi vuoti, essendo la prima edizione andata esaurita e contenendo questa rinnovata pubblicazione, tutto quello che mancava nella precedente per ovvi motivi temporali. Cerati inserisce nuovi capitoli dedicati al disco della reunion (quasi completa, a parte l’assenza di Billy Ward) 13 del 2013 e dell’EP The End (contenente altri quattro brani inediti), altri brani rari, una intervista del 2017 con Tony Iommi che descrive le ultime gesta della band, e una chiaccherata molto lunga insieme a Ward, a riguardo della ristampa dei primi tre album dei Black Sabbath, editi nel 2009.
Molti misteri vengono svelati, in una lettura sempre appassionante e ricca di informazioni, che riesce a trasmettere l’unicità del materiale trattato, facendo percepire una profondità che molti non attribuirebbero alla band britannica. Qui si fa la storia.