E questi Black Pearl lo fanno alla grande, progettando di tradurre per il bianchissimo pubblico del Fillmore le intemperanze nere di Wilson Pickett e Curtis Mayfield.
Collocandosi nella scena californiana con tutta la freschezza elettrica dei primissimi Quicksilver e Jefferson che bazzicavano il Matrix, forti di orgogliose e sbandieratissime basi funky, strizzano tutte quelle 18 corde in riff intrecciati ed efficaci, passaggi alla codeina, tendenze belle robuste e linee di canto sfrontatamente jamesbrownesche. Apprezzabili per equilibrio e misura, affatto avvezzi alle esagerazioni, quasi verrebbe voglia di chiedergli più coraggio e magari qualche banale esagerazione sonora. Ma le Perle Nere furono, evidentemente, fin troppo rispettose e coerenti; almeno in studio, perché dal vivo sforavano spesso i dieci minuti a canzone …
Tempi veloci, ritmi multiformi ed impeccabili, passano per quella stretta cruna che sta fra i Buffalo Springfield e il primo Neil Young solista, con ampio margine e apprezzabile scioltezza, mentre Tommy Molcahy sbraita invasato come un’incarnazione mascolina della Joplin, recitando e ripetendo ad libitum la festosa liturgia che contagiò i fratelli Blues nella cappella di Triple Rock.
Il rock ‘n’ Roll alla Flamin’ Groovies di Thinkin' 'Bout The Good Times o Crazy Chicken, il potente anthem hard-soul di Forget It (poi riemerso su “Nuggets”), anche l’eccitato orgasmo vocale del cantante invasato in Climbing: ce n’è per tutti ed accade ad una velocità notevole. Poi, tanto per gradire, ecco in sottofondo quello strano fascino di alter ego di clonazioni Rollingstoniane accasate alla Stax.
Non manca nemmeno lo slow blues sessualmente attivo di Reach Up: una grande recita hard boiled da poliziesco di mezzi ’70. Il tutto da coronamento alle schitarrate di Crazy, southern ante-litteram di scena all’Avalon Ballroom, e al colorato incubo alla mescalina di Withe Devil: per rinnovare quel clichè che tanto ci piace del patto tra Rocker e Beelzebub.
Magari non prettamente hard, forse un po’ ripetitivi, ma assolutamente piacevoli.
Difficile che un’etichetta Atlantic rosso/verde possa diventare un grande pezzo da collezione e l’esordio Hard-Soul dei Black Pearl non fa eccezione: con una ventina di euro si trovano belle copie originali.
Quasi più complicato reperire la stampa in CD; ma la presenza dell’album sul catalogo Spotify risolve ampiamente il problema…
Bruce Benson: guitar
Jerry Causi: drums
Bernie Fieldings: vocals
Tommy Molcahy: guitar
Jeff Mackay Morris: guitar
O'Connor: drums