Sono passati circa quattro anni dall'ultima stagione del serial di Charlie Brooker e questa sesta annata sembra presentarsi in continuità con quanto visto nel precedente lotto di episodi rilasciato da Netflix nel 2019. Già allora infatti Black Mirror aveva un poco perso quella capacità di stupire e colpire a fondo lo spettatore mettendo tutti noi davanti alle nostre cattive abitudini in tema di tecnologie, sviluppi futuri, media e utilizzo di device vari, andando a creare mondi futuribili vicinissimi al nostro presente e quasi sempre venati da una forte dose di pessimismo e scarsa fiducia nelle capacità di giudizio della nostra società.
La sensazione, che per molti diventa una perplessità, è quella di trovarci dopo un arco di tempo notevole nella stessa situazione, con una serie che ha spostato un poco il suo sguardo, sempre capace di offrire di base un buon prodotto ma decisamente meno appagante dal punto di vista dell'esperienza emotiva.
Insomma, Black Mirror è stato per diverso tempo un vero calcio in bocca, nelle ultime stagioni è diventato "semplicemente" un buono show con diversi spunti interessanti (ma non nuovi). Cinque gli episodi messi a disposizione in questa annata, a sfilare un parterre di star come forse non si era mai visto nelle stagioni precedenti, e non è detto che questo sia necessariamente un bene al netto della bravura dei nomi coinvolti: Salma Hayek, Aaron Paul, Michael Cera, Himesh Patel, Cate Blanchett, John Hannah, Josh Hartnett, Zazie Beetz e altri ancora. Ma diamo un'occhiata a questi cinque episodi.
Joan è terribile.
Unico episodio a ricordare gli antichi fasti di Black Mirror anche se nemmeno qui c'è nulla di realmente nuovo. Joan (Annie Murphy) lavora per un'azienda informatica, la vediamo intenta a licenziare una collaboratrice, poi a tradire almeno idealmente il suo noioso fidanzato con il suo ex Mac (Rob Delaney), cose che potrebbero metterla un poco in cattiva luce. La sera Joan, insieme al suo ragazzo Krish, si siede davanti alla tv per guardare qualcosa su Streamberry (chiara parodia della stessa Netflix) e lì nota la serie Joan è terribile nella quale Salma Hayek interpreta una ragazza identica a Joan e che vive la sua stessa vita, esasperando i tratti negativi della protagonista e dipingendola come una specie di mostro.
Ogni cosa che Joan fa nella vita reale viene riportata nella serie tv. L'episodio che apre questa nuova stagione è quello che più di tutti profuma di Black Mirror, la costruzione della vicenda è giocata su più livelli e ben costruita, spiazza un po' l'alta concentrazione di star ma gli spunti su cui riflettere ci sono tutti: la pratica al consenso al trattamento dei dati che ormai avalliamo con una nonchalance mostruosa e il fatto conclamato e da tutti accettato che i nostri device siano vere e proprie spie in casa nostra sono alcuni dei temi al centro di un episodio d'apertura di tutto rispetto, ben calibrato tra divertimento e critica intelligente.
Loch Henry.
Con Loch Henry il focus si sposta dalla tecnologia futuribile al rapporto che abbiamo con i media e con i temi ai quali da spettatori mostriamo un attaccamento morboso e voyeristico. Anche questo è un argomento già esplorato dalla serie fin dalla seminale prima puntata The national anthem del 2011 e in altre forme ripresa anche nell'episodio successivo Mazey Day.
Davis (Samuel Blenckin) e Pia (Myha'la Herrold) tornano nel paesino scozzese di Loch Henry per girare un documentario su un uomo che si occupa di custodire uova di uccelli per proteggerne così le specie. Una volta sul luogo la coppia, ospite a casa della madre di lui, rievoca una vecchia vicenda tragica e sanguinosa che spinse i turisti a disertare il paese; Pia intravede la possibilità di catturare il pubblico con un macabro true crime dedicato alla vicenda dell'assassino Iain Adair, una vicenda nella quale fu coinvolto anche il padre di Dave che in conseguenza della stessa, anche se indirettamente, perse la vita.
Così il progetto nobile di Dave si trasformerà in una storia morbosa che porterà al ragazzo solo sofferenza e scontento. Loch Henry non è proprio l'episodio che ci si aspetterebbe da Black Mirror, i temi della ricerca del macabro e del sordido sono stati già esplorati, ma resta comunque un buon prodotto degno di uno show di classe, è un racconto più intimo sul dolore che possono provocare gli uomini e di come l'esposizione mediatica possa fare altrettanto, il pubblico della serie però forse cerca altro. PS: il video di Davis verrà prodotto da Streamberry ovviamente.
Beyond the sea.
Il terzo episodio è un racconto di fantascienza intimista ambientato in una realtà simile al nostro passato ma tecnologicamente più avanzata nella quale per due astronauti coinvolti in una lunga spedizione spaziale è possibile scaricare ciclicamente la loro coscienza in una replica artificiale dei loro corpi sulla Terra. Cliff (Aaron Paul) e David (Josh Hartnett) possono così continuare a vivere le proprie vite grazie alle loro repliche per poi tornare ai corpi originali in orbita ogni qual volta un'operazione programmata lo richieda.
Nel momento in cui per David, in seguito ad un incidente, non sarà più possibile tornare al suo doppio, inizierà per l'uomo un lungo periodo di solitaria depressione e disperazione; sarà il suo compagno Cliff a offrirgli una soluzione temporanea prestandogli di tanto in tanto il suo doppio, scelta non troppo saggia perché a David la vita di Cliff sulla Terra potrebbe cominciare a piacere.
Pura fantascienza che scava nell'animo dei protagonisti e non si basa sull'azione o sulla missione dei due astronauti; il futuro, la tecnologia, sono mero contesto per un racconto che avrebbe potuto star benissimo altrove, l'episodio si lascia guardare comunque con piacere.
Mazey Day.
Con Mazey Day si torna a riflettere sull'esposizione mediatica e la divulgazione del privato mettendo al centro del racconto una figura sempre attuale: quella dei paparazzi. Bo (Zazie Beetz) si ritira dalla professione dopo che alcune sue foto hanno provocato il suicidio di uno dei suoi soggetti. L'evento viene accolto con cinismo esasperato dai suoi colleghi che per soldi sono disposti a giustificare ogni azione e passare sopra a tutto, ma a Bo è rimasto ancora qualche scampolo di coscienza e quindi decide di dire il fatidico "basta" e appendere la macchina fotografica al chiodo.
Quando l'attrice di grido Mazey Day (Clara Rugaard) scompare, per avere una sua foto alcuni editori mettono a disposizione una cifra spropositata, anche Bo non saprà resistere alla tentazione e andrà così a staccare la macchina dal simbolico chiodo. La vicenda prenderà pian piano risvolti inquietanti e fantasiosi ma quel che rimarrà vivo fino alla fine è quella base di cinismo di cui la nostra specie non riesce a liberarsi.
Probabilmente l'episodio meno originale e meno interessante del lotto, esempio lampante di quanto Black Mirror possa ancora intrattenere ma anche di quanto poco ormai riesca a stupirci, qui rimane davvero poco di memorabile.
Demone 79.
L'episodio più difficile da collocare all'interno di Black Mirror e che poco ha a che spartire con gli intenti iniziali della serie di Charlie Brooker. Siamo a fine anni '70, Nida (Anjana Vasan), commessa maltrattata in un negozio di scarpe, inavvertitamente attiva un talismano che la mette in contatto con il demone Gaap (Paapa Essiedu) il quale le anticipa come l'apocalisse sia in arrivo (mostrandogliela) e dicendole che solo lei potrà fermarla al semplice prezzo di tre omicidi. Ovviamente non disposta a questo atto, Nida verrà pian piano convinta della bontà dell'opera, Gaap la convincerà a uccidere delle persone che in fondo meritano di morire, cosa sono poi tre vite in confronto ai morti provocati da un'apocalisse? Però per una giovane ragazza come Nida quanto potrà essere facile fermare davvero l'apocalisse?
Black Mirror non ci mostra più il nostro futuro ma piuttosto riflette sul presente, vira addirittura su passati fantastici e nel farlo perde mordente. La serie resta su livelli più che dignitosi ma oggi le serie realizzate con una buona qualità sono molte, Black Mirror aveva qualcosa che la poneva parecchio al di sopra della media, qualcosa che oggi non c'è più.
Una cosa però la serie di Charlie Brooker continua a fare, e cioè continuare a dirci quanto facciamo schifo (generalizzando ovvio). Gli episodi sono tutti più o meno godibili, a parere di chi scrive i primi due meglio degli altri tre, diventa però difficile capire se la serie in un prossimo futuro possa tornare a stupirci, senza questa caratteristica di base ha ancora senso perdersi in un Black Mirror?