Quando nel 1997 esce Hurban Hymns, i Verve, nonostante gli apprezzamenti della critica specializzata per il loro secondo lavoro in studio (A Northern Soul del 1995), non hanno ancora raggiunto né caratura internazionale né il successo commerciale auspicato. D’altra parte, il panorama musicale inglese del momento è ricchissimo di fermenti: le schermaglie fra i Blur e gli Oasis riempiono le pagine dei giornali, i Radiohead stanno per diventare una delle più grandi rock band del pianeta, i Prodigy imperversano con il loro inquietante mix di chitarre, campionamenti, elettronica e dance, e la techno-psichedelia dei The Chemical Brothers marchia a fuoco la cultura rave di fine decennio. Richard Ashcroft, cantante della band proveniente da Wigam, è però un ragazzo tenace e molto talentuoso, capace di buone intuizioni e di una scrittura cristallina, che già gli era valsa sperticati elogi per la splendida History, indiscusso capolavoro tratto dal precedente album in studio. Bittersweet Symphony, primo singolo tratto da Hurban Hymns, conferma tutte le qualità di Ashcroft come compositore e finalmente apre ai Verve le porte dorate del successo. Per mesi, infatti, in radio non si ascolta altro e la band schizza ai primi posti di tutte le classifiche. Eppure, nonostante il brano sia diventato una classico del brit pop, solo in pochi sanno che il tema conduttore della canzone nasce dal campionamento di The Last Time dei Rolling Stones, nella versione proposta dalla Andrew Oldham Orchestra. Ashcroft chiede il permesso di utilizzarne un estratto, che gli viene accordato senza problemi. Tuttavia, l’uso che i Verve fanno della melodia è eccedente la durata concessa, e il gruppo si trova a dover rinegoziare l’accordo con gli Stones. I quali, prima accettano il 50% dei possibili proventi derivanti dal brano e successivamente, quando si rendono conto dell’inaspettato successo del singolo, pretendono il 100%, minacciando altrimenti pesanti strascichi legali. Il risultato è che Ashcroft non guadagnerà un centesimo dalle vendite della sua canzone più famosa, i cui diritti entreranno tutti nelle tasche di Jagger e soci. In seguito, il leader dei Verve, mosso da comprensibile risentimento (e non completamente a torto, vorrei aggiungere) dichiarerà che Bittersweet Symphony è “ la miglior canzone scritta dagli Stones negli ultimi vent’anni “. Parole, queste, che stuzzicarono la suscettibilità di Keith Richards, il quale, sornione, replicò affermando che “quando i Verve scriveranno una canzone più bella, potranno tenersi i diritti “. In realtà, se il chitarrista degli Stones avesse ascoltato con attenzione Urban Hymns, una canzone più bella di Bittersweet Symphony l’avrebbe trovata. Si intitola The Drugs Don’t Work, commovente, toccante, dolcissima ode che Ashcroft scrisse per ricordare il padre morto da poco.