Carriera in forte ascesa quella del figlio d'arte John David Washington, ex giocatore di football americano e ora sulle orme di papà Denzel, negli ultimi anni titoli importanti e di grande visibilità, dal BlacKkKlansmen di Spike Lee al Tenet di Nolan, e poi ancora Malcolm & Marie con Zendaya e ora questo Beckett da protagonista assoluto in una produzione a forte respiro italiano a partire dal regista milanese Ferdinando Cito Filomarino. Con Beckett rialza la testa il thriller a sfondo politico/sociale che ha lasciato impronte indelebili nel cinema hollywoodiano del secolo scorso (leggi alla voce New Hollywood), lo fa con una buona dose di action e location decisamente poco battute che danno una bella ventata d'aria fresca al genere, sempre bisognoso di nuove derive e soprattutto da rivitalizzare per quel che concerne la produzione italiana che negli ultimi anni sembra stia facendo in questa direzione passi parecchio interessanti (o quantomeno indice di un ritrovato coraggio). È proprio il contesto geografico e politico a donare interesse alla vicenda di un uomo qualunque finito in maniera inconsapevole in un gioco più grande di lui del quale capisce poco o nulla.
Beckett (John David Washington) e April (Alicia Vikander) sono una giovane coppia che vive il pieno del loro amore durante una vacanza in Grecia. Siamo negli anni della crisi economica del Paese impoverito da un sistema spietato, Beckett e April vengono a sapere che nella piazza dove si trova il loro hotel ci sarà un'importante manifestazione e si prevedono scontri e disordini. I due decidono così di proseguire la vacanza nell'entroterra, in montagna, per evitare guai e non essere coinvolti nei tumulti, lungo la strada però, a causa di un colpo di sonno, Beckett perde il controllo dell'auto che ruzzola giù in un burrone andando a finire contro una casa di campagna sfondandone il muro. Beckett è frastornato, vede una donna e un bambino, chiede aiuto ma questi scappano, April perde la vita nell'incidente. Risvegliatosi in ospedale il ragazzo si trova ad avere a che fare con autorità che non parlano inglese e a dover fronteggiare la perdita del suo amore e il senso di colpa che ne deriva. Fatta la sua deposizione all'agente Xenakis (Panos Koronis) del commissariato locale, roso dal rimorso Beckett torna sul luogo dell'incidente, a quella casa sventrata dove rivede la donna del giorno prima che inspiegabilmente estrae una pistola e gli spara, subito dopo alla donna si unisce Xenakis, anche lui tenta di uccidere il Nostro, l'incubo di Beckett precipita in un incubo ancor peggiore senza che lui abbia la seppur minima idea di cosa gli stia accadendo intorno. Inizia la fuga con conseguente caccia all'uomo, l'unica speranza di Beckett è quella di raggiungere l'ambasciata statunitense ad Atene, città ormai a cinque ore di distanza, ferito, in una terra di cui non conosce la lingua e con alle spalle almeno due persone intenzionate a fargli la pelle.
Ottimo lavoro di messa in scena ben supportato dalle musiche di Ryuichi Sakamoto, la regia di Filomarino gode di un notevole equilibrio che non lascia concessioni a facili esagerazioni nonostante si sia nel campo dell'action thriller (fatta eccezione forse per la scena del parcheggio con una trovata finale con un pizzico d'azzardo). È proprio il contesto a dare un valore aggiunto al film, lo sfondo che ben presto si rivelerà politico apre squarci su un passato che è praticamente presente, la minaccia di partiti estremi come Alba Dorata, il dilagare della povertà e lo scavalcamento dei diritti dei cittadini interconnessi alla stessa figura di Beckett che nella Grecia dilaniata dalla crisi è l'altro, uno statunitense nato e cresciuto nella patria del capitale, nero, ferito, che attraversa il paese senza risorse, braccato e proveniente da una recentissima sua guerra personale ha in sé numerosi spunti per lanciare discorsi su diversi temi d'attualità. Emblematica la facilità con cui, in un Paese ridotto ai minimi termini, Beckett riesca a trovare la solidarietà e l'aiuto della povera gente che pagherà le conseguenze dell'onestà e del buon cuore in un sistema paese che è diventato un piccolo inferno. Non solo intrattenimento quindi, tra l'altro gestito in maniera esemplare grazie a una tensione di fondo costante e alcune sequenze ben coreografate e dirette, ma anche una buona dose di impegno, la giusta via da seguire per il rilancio dei nostri film di genere.