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SPEAKER'S CORNERA RUOTA LIBERA
27/03/2025
Live Report
bdrmm, 26/03/2025, Santeria Toscana 31, Milano
Altra prestazione magnifica da parte dei bdrmm quella al Santeria Toscana 31 di Milano, band candidata a lasciare un segno indelebile in questi anni musicali così difficili da decifrare. Qui il racconto della serata.

Quando esordirono cinque anni fa, sarebbe stato francamente difficile ipotizzare per i bdrmm una simile crescita, artistica e di pubblico. La band di Hull era ancora immersa in una scontata, per quanto piacevole, miscela di Dream Pop, Shoegaze e Dark Wave, senza nessun indicatore sulla possibilità che avrebbero potuto avere di trasformarsi in qualcos’altro.

A sorpresa, già col successivo I Don’t Know hanno alzato notevolmente l’asticella, allargando lo spettro di influenze e mettendo in mostra una inaspettata capacità di scrittura; questo, unitamente a dei live show sempre più incendiari, ha fatto sì che uscissero dal calderone dell’anonimato per abbracciare la condizione di chi, pur senza rivoluzionare alcunché, avrebbe potuto davvero fare la differenza.

Microtonic (qui la nostra recensione) ha dimostrato a chi aveva scommesso su di loro che non si era sbagliato: una formula stravolta, con l’inserimento di massicce dosi di elettronica in sede di arrangiamento, in continuità tuttavia con una scrittura che si è fatta sempre più versatile e intelligente, segno di una sicurezza nei propri mezzi e di un’identità artistica già perfettamente definiti.

 

Non c’è a questo punto da stupirsi se, dopo aver mandato sold out l’Arci Bellezza lo scorso febbraio ed essersi esibiti come headliner nella meravigliosa cornice dell’Ypsigrock (riscuotendo anche un notevole successo, a detta del sottoscritto che era presente) il quartetto britannico è pronto ora a riempire un locale più capiente, quel Santeria di viale Toscana che rimane uno dei capisaldi della musica dal vivo nel capoluogo lombardo.

Non stiamo certo parlando di chissà quale spazio, e il fatto che siano loro stessi a meravigliarsi a metà concerto, dicendo che si trattava del posto più grande in cui avessero suonato dall’inizio del tour, dice da solo che di strada da fare ne hanno ancora parecchia. Eppure, non si può rimanere piacevolmente stupiti per il fatto che un gruppo a cui non si sarebbe data una lira all’esordio, sia ora nella posizione di potersi distinguere dalla massa.

L’affluenza è buona, pur senza il tutto esaurito, il locale si presenta bello pieno, anche se per l’ennesima volta occorre constatare l’età media piuttosto elevata dei presenti, ennesima prova che al di là di ciò che va di moda in un determinato frangente, in Italia la musica non è seguita dalle giovani generazioni (è più o meno stato sempre così ma negli ultimi anni è innegabilmente peggiorato).

 

Sorvoliamo sul set di apertura degli italiani Jagwari, che per qualche motivo a me incomprensibile sono gli stessi che avevano suonato anche nella data milanese dello scorso anno.

Dal vivo sono innegabilmente bravi, sanno il fatto loro, si vede che sono a loro agio, potenti e disinvolti, spinti anche da una discreta fetta di pubblico che ne conosce i pezzi e li canta. È probabilmente un problema mio, ma il loro Garage Rock lineare e piuttosto canonico, con testi non privi di una certa ironia, non riesce a catturarmi e mi risulta alquanto noioso. Per carità, sono il primo a valorizzare la diversità delle proposte ma forse, trattandosi di una serata incentrata su una sola band, un’apertura più in linea dal punto di vista stilistico sarebbe stata meglio.

 

I bdrmm salgono sul palco preceduti dalla musica dei Massive Attack sparata a tutto volume, quasi fosse un richiamo alla direzione che stanno prendendo. Non è un caso che la partenza sia affidata a “Microtonic”, traccia strumentale a base di Synth, con le chitarre rimaste per il momento nella custodia (per la verità Joe Vickers imbraccia la sua, con la quale si limita però ad accompagnare la melodia portante con arpeggi leggeri).

La successiva “Clarkycat”, sempre tratta dal nuovo disco, è un martellamento che si muove tra tastiere, Beat e linea vocale ipnotica in stile Pet Shop Boys, così che quando i quattro tornano in assetto elettrico per sputare fuori la vecchia “Push/Pull”, tripudio di distorsioni e cupezza Wave, sembra di essere catapultati in un altro mondo. In realtà la distanza non è poi così netta: già la successiva “John on the Ceiling” viene caricata di strati di chitarre, mentre la batteria di Conor Murray si affianca alla drum machine, a dare maggiore dinamicità.

Risulta dunque più chiara la continuità tra i pezzi nuovi e quelli più datati, una mutazione che è stata più di contorno che di sostanza, con la forte personalità della band in sede di songwriting che ha avuto modo di dispiegarsi anche se declinata in chiave Electro Pop. In sede live, Ryan Smith e compagni hanno scelto la strada più naturale, vale a dire arricchire gli episodi di Microtonic con elementi di arrangiamento tipici del lavoro precedente, in modo tale da rendere più fluido ed omogeneo lo show.

Se è dunque vero che alcune, come “The Noose”, scurissima e vicina per certi versi ai Depeche Mode di Black Celebration, oppure “Sat in the Heat”, che ha quasi toccato ritmi da Dancefloor, dal vivo accentuano la componente di novità, è altrettanto evidente che altre, come la meravigliosa “Infinity Peaking” e “Snares”, si fondono a maraviglia con quella parte della scaletta dedicata al vecchio repertorio.

 

Una scaletta, a tal proposito, che ha visto la ricomparsa (prima volta in questo tour) di “Forget the Credits”, impreziosita dalla coda strumentale più bella della serata, una tempesta graduale che ha sovrastato e stravolto l’inizio soffuso, quasi da ballad.

Per il resto, dai lavori precedenti non c’è moltissimo, anche se “Be Careful” e soprattutto la cavalcata irresistibile di “It’s Just a Bit of Blood” costituiscono sempre due ottimi esempi della caratura live di questo gruppo.

Durante i bis arriva un altro momento notevolissimo, con la strumentale “(Un)happy” dilatata e tirata fino all’eccesso, un’esplosione di rumore con le chitarre nuovamente protagoniste, l’antica anima Shoegaze della band che si riconcilia col presente ed abbraccia influenze che vanno dal Noise al Post Rock più aggressivo. Indimenticabile.

Il congedo è come sempre affidato a “Port”, che in retrospettiva assume un valore quasi profetico, visto che contiene in embrione molti degli elementi che sono stati apertamente dispiegati in Microtonic (che più che una svolta improvvisa ed inattesa appare dunque come una sorta di naturale evoluzione).

Altra prestazione magnifica da parte dei bdrmm, una band che possiede ormai un proprio marchio di pura riconoscibilità e che sembra più che mai candidata a lasciare un segno indelebile in questi anni musicali così difficili da decifrare.