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REVIEWSLE RECENSIONI
05/02/2025
Luca coi baffi
Basta sia fuori città
Luca coi Baffi è ormai pronto per il disco vero e proprio, ma lo ritroviamo con il secondo EP, Basta sia fuori città. Il focus qui è sul lato cantautorale del progetto, dove la chitarra acustica scarnifica ma non banalizza e mette in risalto l’abilità di scrittura e la ricerca dell'essenziale nei testi.

Torna Luca Casentini, alias Luca coi Baffi, dopo che l’EP d’esordio Devo parlarne con mio padre (qui la nostra recensione) aveva ricevuto un insperato e gradito consenso. A questo giro l’artista della provincia romana cambia un po’ le coordinate stilistiche: via il Punk che, assieme a certi echi smithsiani, era stato un po’ la cifra identitaria del lavoro, e focus sul lato cantautorale del progetto, in quella che a prima vista potrebbe essere scambiata per un’operazione di “normalizzazione”.

La verità è che la chitarra acustica, lo strumento attorno a cui sono costruiti tutti i sei episodi di questo nuovo EP, senza dubbio scarnifica ma non banalizza, anzi; mette in risalto l’abilità di scrittura di Luca, che avevamo già notato al debutto ma che qui risulta ulteriormente amplificata e sedimentata.

Anche nei testi c’è stato un lavoro di limatura e di ricerca dell’essenziale: il tono è più serio, quasi drammatico, essendo sparita quella componente cinica e irriverente che tanto ci era piaciuta nelle sue prime canzoni.

 

Sulla carta, ripeto, potrebbe sembrare che Basta sia fuori città rappresenti un passo indietro, ma la verità è che basta ascoltare l’opener “Non ci sto” per rendersi conto che non è così: l’acustica, tenuta in piedi da una sezione ritmica basso/batteria asciutta e dinamica, avvolge un brano che mischia, nelle intenzioni, Urban e cantautorato, con un ritornello incisivo ed un testo che lascia intravedere un tormento esistenziale autentico e per nulla scontato.

“Hiroshima” è interamente scritta dall’amico Leonardo Passari, che aveva già firmato un brano sul precedente EP, ed è molto più intima e rarefatta nella costruzione, con un testo che si avvale un po’ troppo dei soliti cliché dell’Indie Pop calcuttiano (ed è questo il suo unico difetto, occorre dire).

“La fine del mondo” stupisce, col suo unico minuto di durata che contrasta col suo carattere così definitivo e compiuto: si parla di dissolvenza, di smettere di esistere, di diventare nulla, e la forza evocativa di questi pochi istanti è davvero notevole.

 

Belle anche “Niente da fare” e “Primo agosto”: la prima è incentrata sulle percussioni, si muove lentamente e possiede un qualche cosa di amaro nel mood generale; la seconda, al contrario, è quasi spensierata (sarà forse anche per il testo, che parla di due amici che decidono di andarsene lontani) ed apre moltissimo nel ritornello, una delle cose migliori dell’intero lavoro.

Chiude, e lo fa magnificamente, “Sotto le nuvole”, numero da cantautore vero, in odore di De André ma capace anche di andare oltre, di muoversi in una direzione tutta sua, mostrando una reiterazione efficace di una ricetta che parrebbe aver detto tutto da decenni.

Luca coi Baffi è ormai pronto per il disco vero e proprio, servirebbe solo incrementare un po’ di più l’attività live, in modo da riuscire a raggiungere più persone possibili.