L'invasività e l'uso poco oculato delle nuove tecnologie e delle loro potenzialità da parte della razza umana, esplorate in moltissime delle loro declinazioni, pur rimanendo interessanti, stimolanti e spesso preoccupanti, iniziavano a restituire una sensazione di deja-vu dovuta all'ambito molto mirato e circoscritto all'interno del quale la serie si è sempre mossa. Di conseguenza Black Mirror ha iniziato a mutare provocando la nascita delle prime critiche e di un pizzico di delusione da parte del suo pubblico (pur mantenendosi su livelli qualitativi sempre molto alti). Con Bandersnatch, l'episodio speciale (in tutti i sensi) del dicembre 2018, la serie si riconferma uno dei prodotti più brillanti e illumina(n)ti del panorama seriale e nello specifico della piattaforma streaming di Netflix. Arrivati al punto in cui inizia a diventare difficile proporre idee nuove, originali e non ripetitive senza snaturare il senso che da sempre caratterizza la serie, il team che sta dietro Black Mirror partorisce un nuovo colpo di genio: se non è più così semplice innovare nei contenuti, allora perché non innovare in maniera decisa nella forma? E non parliamo di un'innovazione da poco (anche se questa affonda le radici parecchi anni nel passato), con Bandersnatch si offre allo spettatore la possibilità di essere protagonista, su più livelli, dell'episodio in questione diventando parte attiva della storia, permettendogli di scegliere in prima persona la direzione che la trama dovrà seguire in determinati nodi focali che diventano punti di svolta della vicenda che si svilupperà in maniera differente a seconda della scelta effettuata dallo spettatore, andando a riprendere un poco il meccanismo molto in voga nei libri-gioco degli anni 80 e 90.
Per una volta Black Mirror ci porta indietro nel tempo e non verso il futuro: siamo nel 1984 in Inghilterra, Stefan Butler (Fionn Whitehead) è un ragazzo giovane che vive con suo padre, è un appassionato di videogiochi e si diletta nella programmazione degli stessi, il suo progetto è quello di trasformare il libro-game dello scrittore Jerome F. Davies dal titolo Bandersnatch in un videogioco a scelte multiple nel quale il giocatore, messo davanti a un bivio, dovrà decidere in pochi secondi quale strada far intraprendere al protagonista, senza bisogno di avvalersi di comandi testuali ma usando semplicemente il joystick per attuare la scelta che farà evolvere la storia su percorsi differenti, esattamente come sta facendo lo spettatore con l'episodio di Black Mirror che sta guardando. Il cortocircuito tra spettatore e protagonista non è da sottovalutare e aggiunge pepe a una puntata già di per sé molto interessante e ben studiata. Stefan ottiene un colloquio con la Tuckersoft, azienda sviluppatrice di videogiochi per la quale lavora anche il programmatore Colin Ritman (Will Poulter), una sorta di idolo per Stefan, il giovane protagonista illustrerà i suoi progetti al direttore della software house Mohan Takur (Asim Chaudry) che apprezzerà molto il progetto. Qui lo spettatore, che nel frattempo avrà già scelto cosa far mangiare a colazione a Stefan, quale musicassetta inserire nel walkman durante il tragitto in bus, si troverà ad affrontare la prima scelta seria: continuare a sviluppare Bandersnatch in team avvalendosi dei mezzi della Tuckersoft o lavorare in solitario, a casa, senza influenze esterne affidandosi ai propri mezzi? Dieci secondi per scegliere e poi si riparte. Nel corso della puntata saranno diverse le scelte da prendere, alcune anche drammatiche a causa dello scarso equilibrio del protagonista, che combatte ancora con il trauma subito per la perdita della madre avvenuta nel passato. Stefan è in cura dalla dottoressa Haynes (Alice Lowe), una terapeuta che sembra non riuscire a trovare troppi appigli per aiutare il ragazzo. In base alle direzioni prese dallo spettatore Bandersnatch offre esperienze differenti che possono portare a diversi finali, in ognuno di questi, come spesso accade con Black Mirror, sembra bandito il lieto fine. L'aspetto più geniale e indovinato dell'episodio è la presa di consapevolezza da parte di Stefan, in preda a una sorta di paranoia da stress, di essere controllato nelle sue azioni da qualcun'altro, e quel qualcun'altro siamo noi! Una soluzione fantastica che fa il paio con l'ingresso nell'episodio anche della piattaforma televisiva Netflix, che sicuramente si autocelebra in maniera poco discreta ma assolutamente intelligente. Da sottolineare come anche in Bandersnatch, tra l'altro disseminato di indizi sui possibili sviluppi della puntata, si omaggino in maniera più o meno celata alcuni altri episodi della serie confermando ancora una volta quella sorta di collegamento ideale che li porrebbe tutti all'interno di un universo condiviso. Oltre all'aspetto ludico ben amalgamato al dipanarsi della/e trama/e, anche se non sempre proprio libero ma pilotato dall'alto (in parte anche noi come Stefan?), l'episodio gioca con l'effetto nostalgia per gli Eighties tanto in voga negli ultimi anni, le musiche e soprattutto tutta l'iconografia a 8 bit tanto cara ai vecchi giocatori di Spectrum e Commodore non possono lasciare indifferenti quelle generazioni che hanno vissuto in prima persona quell'epoca.
Come si accennava in apertura, in Bandersnatch l'innovazione sta nel tipo di fruizione, nell'esperienza interattiva che Netflix pare voglia sviluppare in altri progetti (anche se la formula potrebbe venire presto a noia, un po' come è successo al 3D in sala); nei contenuti abbiamo una bella storia che è stata adattata con grandissima visione d'insieme alla partecipazione che si chiedeva allo spettatore. A mio avviso il risultato è stato ottimo, al netto di qualche problema tecnico che il tutto sembra aver creato a qualche utente a livello di fluidità al momento delle scelte e di fruizioni su smart tv non di ultimissima generazione. Cosa dire ancora? Eravamo in attesa che Black Mirror e Brooker ci stupissero ancora una volta... ci sono riusciti! E ora, cosa dobbiamo aspettarci?