Cerca

logo
REVIEWSLE RECENSIONI
06/05/2018
Hawthorne Heights
Bad Frequencies
Vi stavate chiedendo che fine hanno fatto i gruppi emo-punk che andavano tanto di moda a metà degli anni 2000? Eravate emo-girls o emo-boys? Dopo l’ascolto dell’ennesimo rapper con i rolex state finendo per rimpiangere i tempi in cui i giovani si struggevano ascoltando rock emozionale? Gli Hawthorne Heights hanno la risposta per voi.

Gli Hawthorne Heights hanno raggiunto l’apice del successo nel 2004 con il loro album di debutto The Silence in Black and White e nel 2006 con If Only You Were Lonely, quando questi dischi non solo hanno scalato le classifiche, ma sono divenuti anche gli album più venduti della storia della Victory Records, la loro prima etichetta discografica. Il singolo “Ohio Is for Lovers” invase le radio americane e il loro sound riconoscibilmente emo-punk conquistò migliaia di fan.

Il 2006, però, non portò solo successo, ma segnò l’inizio di un periodo piuttosto difficile per i ragazzi di Dayton (Ohio). Da un lato le complesse cause legali contro la loro etichetta discografica, da cui dopo un album nel 2008 (Fragile Future) e una compilation di hits nel 2010 (Midwesterners: The Hits) riuscirono a separarsi; dall’altro la morte del loro chitarrista e screamer Casey Calvert, avvenuta tragicamente a causa di un accidentale abuso di antidolorifici e medicinali, prescritti dai medici per aiutarlo a tenere sotto controllo alcuni disturbi.

I quattro, però, reagirono con delicatezza e determinazione: sul fronte interno dedicarono alcune canzoni all’amico e decisero di non sostituirlo, e sul fronte discografico passarono prima alla Wind-up Records, con cui registrarono Skeletons (2010), e poi fecero una propria etichetta, la Cardboard Empire, con cui registrarono una trilogia di EP (Hate, Hope e Hurt).

Arrivati a metà degli anni Dieci con un altro album pubblicato (Zero, 2013) e altri due membri in meno (Eron Bucciarelli, il batterista originale, e Micah Carli, chitarrista e screamer, che lasciarono volontariamente la band), gli Hawthorne Heights continuarono comunque a tenere duro e a lavorare per vivere della loro musica.

Si giunge così al 2017, anno in cui l’attuale formazione (ancora con cantante e bassista originali) ha suonato 170 live e scritto in ogni momento libero, realizzando il suo processo di scrittura più lungo. Orgogliosi del loro risultato e desiderosi di dargli la migliore visibilità possibile, scelsero di tornare a firmare per un’etichetta, ma saldi delle loro esperienze discografiche precedenti, hanno scelto con oculatezza, firmando per Pure Noise dopo aver seguito a lungo il loro lavoro e aver apprezzato “il modo in cui rilasciano i dischi e le band che scelgono di firmare per loro”.

Il risultato è sicuramente più maturo e positivo nei toni rispetto ai precedenti, in particolare per quanto concerne i testi. A livello di suono esplorano e sperimentano tutte le diverse sfumature che l’emo-punk e l’emo-rock permette. Si passa dalle belle e delicate sfumature più acustiche della traccia di apertura “In Gloom”, poi riprese a metà album nell’omonima “Bad Frequencies”, al pop-punk catchy ed estivo di “Pink Hearts”. Con “Crimson Sand” si torna allo spirito dell’emo-punk sporcato di scream, che strizza l’occhio ad alcuni dei loro lavori precedenti e a suoni vicini a quelli di AFI e Atreyu. Le bella batteria di “Perfect Day To Fall Apart” continua questo trend, per poi arrivare a “Just Another Ghost”, in cui si va dalle sfumature più rock, nostalgiche e radiofoniche allo screamo nella parte finale.

La seconda parte dell’album risulta forse meno innovativa e più fedele ai suoni e alle strutture che faranno felici i fan dell’emo-pop-punk più ottimista: atmosfere malinconiche e nostalgiche ma speranzose, sound orecchiabili e catchy, conditi da una buona batteria, da una voce su registri relativamente alti tipici del pop-punk e da qualche leggero passaggio di scream. Di questa seconda parte, però, brilla la chiccha di “Push Me Away”, che si rivela probabilmente una delle migliori canzoni del disco (e sicuramente la più aggressiva).

In sintesi un album onesto, scritto con consapevolezza e maturità, malinconico e positivo al tempo stesso, che si diverte nel suonare un genere che ha conquistato e fatto crescere molti ragazzi e ragazze nella loro adolescenza. Un disco che ora potrebbe essere una buona coperta di Linus per i più nostalgici o una bella scoperta per i giovani fan di gruppi pop-punk oggi più di moda come i Neck Deep, che cercano un rock emozionale nei toni, condito di sentimento nei testi ma con un attitudine più emo-punk.