A prescindere dalla qualità artistica di quello che stiamo ascoltando in questo periodo, è indubbio che il covid e la conseguente pandemia aleggino come fantasmi su molti dei dischi usciti nel 2022. Non ne sono esenti gli americani Halestorm, che quattro anni dopo l’ottimo Vicious, tornano con un nuovo disco, probabilmente il loro migliore a livello di energia espressa e resa sonora (Back From The Dead, guarda caso, è prodotto da Nick Raskulinecz, già al lavoro con Foo Fighters, Mastodon e Alice In Chains).
Gli Halestorm, rispetto a molti colleghi, hanno, però, fatto di necessità virtù, convogliando l’energia repressa di due anni vissuti in apnea, in una scaletta vibrante e rabbiosa, che veicola un incontenibile afflato vitale e un bruciante desiderio di “resurrezione” dal mondo dei morti (in tal senso il titolo dell’album è assai esplicito). Il risultato è, quindi, il disco più heavy della band, come se una valvola di sfogo fosse stata aperta per poter liberare tutte le frustrazioni, il malessere accumulato negli ultimi due anni e un surplus di vitalità repressa.
Non a caso, il disco inizia con Lzzy Hale che urla "I'm Back From the Dead", un grido liberatorio, che suona tanto come una chiamata alle armi, quanto come una perentoria dichiarazione di esistenza in vita. Potente e devastante, senza tuttavia perdere una certa dimensione melodica, la title track traina concettualmente tutto il resto del disco, e possiede la forza di un pugno in piena faccia, indispensabile per scuotersi dal torpore.
L’impressione è quella di una band che stia spingendo al massimo il pedale dell’acceleratore, per provare a superare i propri limiti, per vedere l’effetto che fa a suonare duro e cattivo. Nove pezzi su undici, quindi, vestono l’armatura metallica di una corazzata rock, sferragliante e senza fronzoli, capace anche di momenti piacioni e un po' telefonati ("Brightside" e "The Steeple"), per poi spazzare ogni resistenza, con il fiume in piena di brani distruttivi quale "Bombshell", la title track e "Wicked Ways". Un tiro notevolissimo, spinto dalla voce devastante della splendida Lzzy Hale, la cui voce graffia e ruggisce con belluina energia.
Ci sono anche due riuscite ballate, la meditabonda e acustica "Terrible Things", e la conclusiva "Raise Your Horns", un inno alla ritrovata normalità, per pianoforte dagli accenti gospel e la voce spettacolare di Lzzy Hale a far vibrare le corde dell’emozione.
L'originalità non passa certo da queste parti, ma la travolgente elettricità che attraversa la scaletta, farà sicuramente felice chi ama le chitarre e preferisce la sostanza rock all'hype modaiolo. Da ascoltare a tutto volume.