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MAKING MOVIESAL CINEMA
Baby
Andrea De Sica - Anna Negri
2018  (Netflix)
SERIE TV
all MAKING MOVIES
03/12/2018
Andrea De Sica - Anna Negri
Baby
“Se hai 16 anni e vivi nel quartiere più bello di Roma, sei fortunato. Il nostro è il migliore dei mondi possibili. Siamo immersi in questo acquario bellissimo, ma sogniamo il mare. Ecco perché per sopravvivere abbiamo bisogno di una vita segreta.”

Così inizia Baby, la nuova produzione originale italiana di Netflix.

Ispirata a vicende reali che hanno colmato le pagine dei giornali pochi anni fa, ma che fanno solo da cornice a questa storia che racconta la gioventù dei pariolini romani fatta di apparenze e di eccessi, buoni solo a colmare il vuoto pneumatico delle loro esistenze.

Chiara – interpretata da Benedetta Porcaroli - è bellissima. È anche la figlia perfetta: studentessa modello e sportiva, è in lizza per una borsa di studio per studiare negli Stati Uniti. Nella sua famiglia tutti si comportano come se la loro vita fosse normale e felice, ma i genitori di Chiara sono separati e vivono nella menzogna e nel dolore, pur di salvare le apparenze.

Ludovica – interpretata da Alice Pagani – si trova al centro di un ciclone: ha fatto sesso con un compagno di classe che ha postato un video di loro due in rete. È costantemente oggetto di bullismo e non ha amici. Sua madre, dopo il divorzio, vive di espedienti e fatica a pagare la retta scolastica.

Non potrebbero essere più diverse, Chiara e Ludovica, ma si ritrovano inspiegabilmente complici, loro due contro il mondo.

Nell’esclusivo istituto pariolino che frequentano arriva poi Damiano – Riccardo Mandolini – figlio di un diplomatico arabo. Va a vivere con il padre dopo la morte della madre con la quale viveva nella periferia di Roma. Viene subito additato come il “coatto” e “l’arabo” e preso di mira dai compagni.

La trama si concentra principalmente sulle ragazze/donne della serie nonostante, in alcune scene ci sia un dichiarato parallelismo tra il personaggio di Chiara e quello di Damiano.

I genitori, e in particolare le madri – Isabella Ferrari e Claudia Pandolfi -, sono degli sbandati, che inevitabilmente ti fanno dire che la mela non può cadere poi così lontana dall’albero: una media borghesia romana decadente e piena di cliché.

Baby parla di adolescenti che hanno un disperato bisogno d’amore. Ma in realtà tutti i personaggi che gravitano loro attorno, adulti compresi, anzi soprattutto loro che non riescono a dare amore ai figli, ma si limitano a regalare loro un’auto, un motorino, vestiti alla moda, cellulari costosi e ad imporre regole morali alle quali nemmeno loro sono in grado di attenersi.

Prodotta da Fabula Pictures, Baby è una serie in 6 puntate ed è disponibile su Netflix dal 30 novembre.

Diretta da Andrea De Sica e Anna Negri, è stata creata dai GRAMS, un nuovo collettivo di scrittori composto da cinque giovani autori: Antonio Le Fosse, Re Salvador, Eleonora Trucchi, Marco Raspanti e Giacomo Mazzariol.

Nota di merito è la splendida colonna sonora originale di Baby del compositore e musicista Yakamoto Kotzuga. Ai suoi brani si vanno ad affiancare il particolare arrangiamento di “Girls Just Want to Have Fan” dei Chromatics, Takagi & Ketra con “Da sola / In the night feat. Tommaso Paradiso ed Elisa”, “Wasting My Young Years” dei London Grammar e “My Enemy” dei Chvrches feat. Matt Berninger.

A chiudere la serie è invece il celebre brano dei Måneskin “Torna a casa”, l’intensa ballata, già certificata disco di platino, che ha anticipato l’ultimo album Il ballo della vita.

Con una mossa alla Elìte, Baby si gioca la carta della differenza di classe, la quota razziale, il luogo comune della ragazza “poco di buono” perché va a letto con un compagno che invece viene definito un figo per essersela portata a letto, e infine il compagno gay, interpretato da Brando Pacitto (Piuma, Succede, I Medici).

L’accusa di incoraggiare la prostituzione mossa alla serie in questi giorni, e di cui ha scritto Entertainment Weekly, è sicuramente forte, ma il modo in cui le due ragazze si muovono a loro agio nella decadenza e usano i soldi appena guadagnati per comprare vestiti costosi, trucchi e borse, facendo sembrare la prostituzione quasi un esercizio di potere (quello femminile), crea disagio.

E non quel disagio che fa riflettere, piuttosto ti fa interrogare su quale sia il valore di questo racconto, perché io davvero fatico a trovare uno scopo o una morale.

Baby si rivela una collezione di luoghi comuni con poche note originali, tra cui la bravura delle giovani protagoniste. I personaggi si muovono sullo sfondo senza lasciare il segno, manca uno scopo, qualcosa che li animi e muova i loro fili perché la loro ricerca dell’amore, quasi sempre nei posti sbagliati, non può essere il motore delle loro azioni, che difficilmente comprendiamo, giustifichiamo o perdoniamo.