Attenzione, attenzione: gli Shinedown sono tornati e dopo tre anni dall’ultimo Threat To Survival (2015) ritornano in pista con un piccolo gioiello tutto da scoprire.
Se nel precedente avevano esplorato anche delle sonorità più leggere, con questo disco tornano al cupo mood e all’heavy groove di The Sound of Madness (2008), mantenendo però un tiro deciso e catchy, speranzoso ma potente, che unisce la volontà di sperimentare alla riaffermazione della propria identità di suono. Un’architettura sonora coordinata dall’incredibile voce di Brent Smith, che riesce ad adattarsi con una facilità impressionante a tutte le sfumature emozionali e sonore presenti: dalle versioni più graffiate, a quelle più urlate, a quelle più intime e (soprattutto) a quelle più “subdole” e ammalianti.
L’ultimo lavoro dei quattro ragazzi di Jacksonville è un album che scorre rapido, in cui non si preme mai il pulsante pausa o stop. Anzi, si spera di avere ancora 50 minuti di tempo per fare un bel respiro, schiacciare di nuovo play e reimmergere la testa nell’universo che hanno creato e condiviso.
La produzione è nitida e potente ed esalta ogni suono. Le pulsazioni (dei bpm e del cuore di chi ascolta) rimangono alte anche nei momenti in cui si rallenta, perché anche quando quasi si “rappa” nell’omonima “Attention Attention”, si sperimenta o si sovraproduce, si rimane incollati alla storia che gli Shinedown vogliono raccontare.
E proprio di storia si tratta, perché Attention Attention è il loro primo concept album. Una storia in 14 capitoli, eseguita con cura e attenzione, sia ai dettagli musicali sia ai testi, in cui Brent Smith guida l’ascoltatore in un viaggio intimo e profondo, che parte dai demoni, le paure e i problemi per arrivare alla rinascita e all’affrontare, combattere e superare la situazione negativa che si stava affrontando: dalle tenebre alla luce, dall’incubo alla vita a pieni polmoni.
Si inizia entrando in una stanza. Ci si siede e si prende un bel respiro. Si sta per affrontare il viaggio più insidioso di tutti, quello dentro di sé. E bisogna sperare di aver preso abbastanza fiato, perché “Devil” entra subito in testa: i demoni prendono il possesso del ritmo delle cellule del corpo e un sorriso diabolico si fa largo all’angolo delle labbra. Una delle più belle tracce dell’album, scelta a ragione come primo singolo.
L’anima nera di “Black soul” parte elettronica ed esplode, si avviluppa in variazioni sonore varie come l’altalena di sentimenti di chi cade e si rialza troppe volte, seguita subito dopo dall’omonima “Attention Attention” e dalla bella “Kill Your Coscience”, dove si mescolano sapientemente i testi più cupi alla potenza musicale e alle note di speranza nell’interpretazione. Si arriva poi all’aggressività dei testi di “Pyro” e a quelli intimi, emozionanti e spiazzanti di “Monsters”.
Al cuore del dantesco viaggio di un’anima oscura, si coglie l’occasione per un benvenuto nel “Darkside”, in cui si è entrati a proprio rischio e pericolo, e in cui ci si trova circondati da “Creatures”.
Solo alla decima traccia arriva il giro di boa, si emerge dai flutti e giunge in soccorso “Evolve”, una delle più belle canzoni dell’album, potente e subliminale come solo gli Shinedown sanno fare, in cui si continua a combattere, tra chitarre e batterie, e si inizia a vedere la luce fuori dal tunnel.
Con “Get Up” i toni e i colori si distendono e la speranza entra con gli stessi colori di un alba inaspettata alla fine di una lunga notte. Si aggiunge un pianoforte su “special” e si rallentano le pulsazioni per altri tre minuti e mezzo, pronti per il ritmo trascinante di “The Human Radio”. Il viaggio termina con “Brilliant”, una traccia che inizia come la più classica delle ballate rock, ma nella quale non bisogna lasciarsi ingannare: se si arriva ai 50 secondi si avrà il finale perfetto delle migliori rinascite: quelle piene di energia e un pizzico di spavalderia. Un finale dai toni punk-rock. “You better run for your life. It’s my day to be brilliant!”.
Un disco determinato e deciso (scritto in circa un anno, a cavallo del loro tour in supporto agli Iron Maiden), che lotta, combatte e non ha paura a mostrare le sue ferite e cicatrici, potente e speranzoso. Un album che può parlare a tanti e in cui ogni anima che si sia mai trovata ad essere disperata o ad aver lottato per non annegare in se stessa, si può ritrovare almeno in un pezzetto.
Il disco di una band che ha fatto ciò che voleva fare, senza badare troppo a ciò che c’era dietro o attorno a loro, ma che è partita dal guardarsi dentro e ha riconfermato la sua identità, modernizzandola e sbattendo in faccia a tutti chi sono e cosa vogliono fare.
Attenzione, attenzione: questi sono gli Shinedown nel 2018, ed è il loro giorno per brillare.