Credo che il riferimento del titolo sia all’omonima rivista americana fondata da Joshua Foer e Dylan Thuras, con lo scopo di segnalare mete di viaggio poco conosciute e improbabili. La stessa cosa ha fatto Gabriele Bosetti per il secondo capitolo del suo progetto Pon¥: selezionare una serie di canzoni dalle provenienze più disparate, eterogenee per generi e autori, alcune conosciute altre molto meno, e riservare loro lo stesso trattamento delle sue composizioni originali, vale a dire un misto di intimismo e estetica Lo Fi.
Il risultato è che Atlas Obscura, laddove non si occupa di grandi classici, potrebbe tranquillamente essere scambiato per un suo disco autografo. Una sensazione non casuale, visto che lui stesso ci ha informato di avere lavorato a questi brani nello stesso periodo in cui assemblava Canzoni mostri, l’esordio di Pon¥ uscito a marzo 2023.
E quindi stesso modus operandi: un vecchio IPhone per registrare, una chitarra, un piano, un po’ di trattamento elettronico e alcuni ospiti ben selezionati: Gianluca Villa (già con lui ne Il Fieno, aveva preso parte anche al disco precedente), Brenneke, amico e cantautore talentuoso, che suona la chitarra in “State Trooper”, ed Erriett Abbie Glös, islandese, qui alla sua prima prova in assoluto su disco, che presta la sua voce nel controcanto della lennoniana “Oh my Love”.
Scendendo nello specifico dei contenuti, va innanzitutto notata la piacevole sintonia che questi brani creano tra loro, grazie a un lavoro di arrangiamento che ne valorizza le caratteristiche ma allo stesso tempo ne livella asperità e contrasti. Evidentemente alcune cose sono più sorprendenti di altre: se l’apertura con “I Love You Little Girl”, dal primo disco solista di Mark Lanegan e resa benissimo al piano elettrico, è a suo modo classica, “Joan Mirò”, del duo veneto Laguna Bollente, spiazza sia per la scelta in sé, sia per come l’interpretazione di Gabriele sia lontana dall’originale, che ne smantella l’irruenza Post Punk attraverso una melanconica ballata chitarra e voce, che tuttavia fa risaltare allo stesso modo la carica dissacrante del testo.
Altro pezzo sui generis è “Beautiful” di Apash 2012, il progetto di Fabio Patini che, se siete curiosi, potete recuperare su Bandcamp: in questo caso siamo su territori più tradizionali, ma è certamente da lodare il recupero di un artista non certo conosciuto ai più.
Il resto del programma viaggia altrettanto piacevolmente tra una “Sliver” (Nirvana) lenta e narcotica, una “Isolation” (Joy Division) totalmente stravolta, priva del malessere che ammantava l’originale, una “State Trooper” forse un po’ troppo abusata, ma interessante nell’interpretazione, che punta più sulla rarefazione Ambient piuttosto che sull’incalzare delle chitarre. E poi c’è un’ottima “Frozen”, vicina e allo stesso tempo lontanissima dall’originale di Madonna: anche questo un brano che ha beneficiato di alcuni rifacimenti in passato (ne ricordo soprattutto uno in chiave AOR da parte dei Talisman, con Jeff Scott Soto alla voce) ma declinato in questo modo ha davvero senso. Chiude una versione in minore della già citata “Oh my Love”, dal canzoniere di John Lennon, che è anche la meno incisiva di questa raccolta, ma che risulta tuttavia interessante per la partecipazione della giovane islandese alle backing vocal, che le dona una nota agrodolce.
In attesa del prossimo disco di inediti, che ci auguriamo possa arrivare molto presto, Pon¥ ci regala una raccolta pregevole, motivata unicamente dal desiderio di suonare alcune delle canzoni che ama. E senza neppure correre il rischio di offendere qualcuno, dato che, ha fatto notare con ironia, la maggior parte degli interpreti originali sono ormai morti.